Dal marzo 2023 a Tokyo sono in corso i lavori per il piano di riqualificazione del Jingu gaien, il grande parco che circonda il santuario Meiji. Il piano, che prevede tra l’altro la costruzione di un nuovo stadio da baseball sormontato da tre grattacieli, ha sollevato molte critiche e l’opposizione dei cittadini appoggiati da personalità note come il compositore Ryuichi Sakamoto e lo scrittore Haruki Murakami. Sulla questione è intervenuto di recente anche il filosofo Kōhei Saitō, che sull’Huffington Post Japan ha scritto che è un chiaro esempio di “mercificazione dei beni comuni”, tema di un libro da lui curato e intitolato Komon no jiichi-ron (Teoria dell’autonomia dei beni comuni). “Sono quei beni che non dovrebbero essere affidati al mercato, ma restare accessibili a tutti. Parlo dell’acqua, la sanità, l’istruzione e gli spazi pubblici come i parchi, infrastrutture sociali essenziali quanto i diritti umani. Se questi beni sono ridotti a merce, solo i più ricchi potranno accedervi”, scrive Saitō. Nel caso del Jingu gaien, il filosofo spiega che per poter procedere con il piano di riqualificazione sono stati cancellati i severi limiti per l’altezza degli edifici nell’area del parco. Di conseguenza saranno costruiti due grattacieli alti duecento metri e uno alto ottanta “che potrebbero impedire di assistere alle partite di baseball a causa di problemi legati alle correnti e all’ombra provocati dagli edifici. Inoltre, dato che lo stadio sarà costruito proprio accanto a un grande viale con file di alberi di ginkgo, secondo gli esperti c’è il rischio che i piloni dei muri esterni possano danneggiarne le radici, finendo per ucciderli. Le strutture sportive a basso costo usate dai cittadini vengono demolite una dopo l’altra, mentre si parla della creazione di club sportivi di lusso riservati ai soci. Nonostante tutto ciò, molti ritengono che non ci sia nulla di sbagliato nel concedere ad aziende private di usare il suolo come vogliono e che la logica capitalista della proprietà privata debba avere la precedenza. Ma il caso del Jingu gaien dimostra il contrario. Il parco fu infatti costruito un secolo fa grazie al lavoro di volontari che contribuirono al progetto con tempo e denaro. In seguito lo stato cedette lo spazio al santuario Meiji a un prezzo molto basso, a condizione che restasse accessibile a tutti a un costo contenuto. In altre parole, la gestione dello spazio come ‘bene comune’ era una delle condizioni della vendita”, continua il filosofo. “Più in generale dietro alla mercificazione dei beni comuni si nasconde un’idea che è diventata ancora più radicale a causa della recessione globale: se i servizi e i beni sono affidati al mercato, si ottiene un risparmio grazie a una miglior efficienza, una maggiore innovazione dovuta alla concorrenza e quindi una crescita economica. È evidente che monopolizzando gli spazi, i beni e i servizi che in passato erano pubblici, e riducendo i costi del lavoro con contratti precari o irregolari, si possano aumentare i profitti nel breve periodo. Tuttavia, sono proprio le aziende che operano secondo questa logica a perdere la capacità di innovare, portando alla produzione di beni e servizi sempre più omogenei. Questo è evidente, per esempio, nel quartiere di Shibuya, dove i progetti di riqualificazione urbana sono sempre nelle mani delle aziende edili più grandi. Il risultato è che i nuovi edifici sono tutti simili perché sono pochi i modelli di business in grado di generare sufficienti profitti per sostenere questo tipo di sviluppo. Di conseguenza Shibuya sta perdendo la sua storica identità di ‘città dei giovani’. A questo ritmo, l’intera Tokyo rischia di diventare uniforme, perdendo il suo carattere culturale unico. Questo porta anche alla distruzione degli spazi pubblici, del panorama urbano e delle comunità locali, rendendo la città meno vivibile”. “È essenziale che i cittadini facciano sentire la loro voce”, afferma Saitō. “Credo fermamente che l’integrazione dei processi di partecipazione dal basso possa rafforzare i fondamenti democratici della società”. ◆ jb
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Questo articolo è uscito sul numero 1577 di Internazionale, a pagina 48. Compra questo numero | Abbonati