A New York, negli anni settanta, l’aspirante magnate Donald J. Trump vuole a tutti i costi affrancarsi dall’ingombrante figura paterna e farsi un nome nel settore immobiliare. Il faccendiere politico Roy Cohn intravede qualcosa nel giovane rampante e gli insegna come accumulare ricchezze attraverso l’inganno, l’intimidazione e la manipolazione dei mezzi di comunicazione. Gli avvocati di Trump hanno minacciato azioni legali per bloccare l’uscita del film. Il fatto che la prospettiva di una simile censura abbia suscitato più indifferenza che indignazione forse la dice lunga sul film di Ali Abbasi. Girato in modo da evocare le imperfezioni del vhs, The apprentice è ben recitato da Strong nei panni di Cohn, da Maria Bakalova nel ruolo di Ivana Trump e da un Sebastian Stan pesantemente truccato per incarnare il protagonista, presentato fin dall’inizio come un sacco di merda che diventa progressivamente sempre più merdoso. The apprentice non è da buttare, ma non è certo una rivelazione.
Justin Chang, The New Yorker

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Questo articolo è uscito sul numero 1585 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati