Olga muore sognando è un debutto letterario che parla d’identità, etnia e di potere delle élite e marginalizzazione dei poveri. Due fratelli portoricani di New York, Olga, una wedding planner di successo, e Prieto, un deputato del congresso, si scontrano con un sistema ostile e corrotto nella loro corsa verso il sogno americano. Olga vorrebbe diventare “la Martha Stewart portoricana” , ma rimane sfiancata nella corsa a perdifiato verso il denaro e “il suo cugino fantasma… la fama”. Prieto entra in politica per proteggere la sua comunità ma ha successo solo perché “è bello e bravo a parlare… il perfetto balsamo per il senso di colpa bianco”. Politicamente ingenuo – i suoi lo chiamano Pollyanna – Prieto si trova ricattato dai palazzinari che vogliono gentrificare la zona. I due fratelli continuano a cercare l’approvazione della madre, un’attivista che li ha abbandonati da piccoli per combattere per l’autodeterminazione di Puerto Rico. Il padre era morto di aids poco dopo, un reduce del Vietnam tossico che non aveva voluto unirsi alla militanza della moglie. L’autrice riveste con una prosa avvincente la sua polemica contro un paese in cui le tovaglie di un pranzo di matrimonio valgono più della vita umana. Romanzo ricco di sfumature, accende un faro sulla corruzione e sui limiti del capitalismo. È anche uno studio sulle conseguenze psicologiche di aver avuto dei pessimi genitori e una tenera esplorazione dell’amore in ogni sua forma.
Lucy Popescu, The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1591 di Internazionale, a pagina 91. Compra questo numero | Abbonati