C’è un mondo che non esiste, composto da paesi — con storie, culture, tradizioni — non riconosciuti dalla comunità internazionale.
Da questo mancato riconoscimento prende forma il progetto The lines we draw di Lavinia Parlamenti e Manfredi Pantanella, che dal 2017 cercano di esplorare e conoscere queste realtà, riflettendo sull’arbitrarietà dei confini che tracciamo.
Nel libro, autofinanziato attraverso una campagna di crowdfunding e progettato graficamente da Ania Nalecka-Milach, Parlamenti e Pantanella hanno concentrato l’attenzione su cinque casi: la Repubblica turca di Cipro del Nord; la Repubblica democratica araba dei sahrawi; la Transnistria; la comunità autonoma della Catalogna e la Repubblica dell’Artsakh o Nagorno Karabakh, sciolta il 1 gennaio 2024 e oggi sotto la sovranità dell’Azerbaigian. Gli universi presi in esame sono raccontati con immagini apparentemente slegate tra loro, che aprono a scenari a tratti surreali. Cercando dei codici visivi capaci di mostrare realtà frammentate, multiple, variegate, gli autori hanno creato associazioni libere, in cui le foto dei diversi luoghi si intrecciano tra loro, senza una distinzione precisa, quasi a voler riprodurre sulla carta la mancanza di confini territoriali.
I colori sono accesi, spesso esasperati dall’uso del flash. Non sappiamo bene dove siamo, se non affidandoci alle didascalie: paesaggi notturni o psichedelici si alternano a dettagli diversi, costumi tradizionali e piatti tipici, animali e scritte sui muri, dando vita a una costellazione di situazioni che disorientano, più che guidare. Sembra un atlante scomposto ma autentico di pezzi di storie nazionali, abitudini condivise che insieme contribuiscono a creare un popolo, e con esso un forte senso di appartenenza. ◆










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Questo articolo è uscito sul numero 1608 di Internazionale, a pagina 70. Compra questo numero | Abbonati