Per gli estremisti sostenitori di Jair Bolsonaro l’attacco dell’8 gennaio a Brasília è stato un gioco da ragazzi. Da due mesi molti erano accampati davanti al quartier generale dell’esercito, difendendo la necessità di un golpe. I militari e le altre forze di sicurezza li hanno trattati con estrema gentilezza. Così si sono organizzati con calma, hanno scelto la data migliore per agire e trasformare Brasília in una vergogna internazionale.
È la grande differenza tra quello che è successo in Brasile e gli eventi del 6 gennaio 2021 a Washington, negli Stati Uniti. Le forze speciali statunitensi si mossero con efficacia e rapidità, tanto che poco dopo l’attacco al campidoglio riprese la sessione parlamentare per ratificare la vittoria di Joe Biden. Invece a Brasília molti rappresentanti delle istituzioni hanno sostenuto che gli estremisti accampati facevano “manifestazioni democratiche” e “proteste pacifiche”. Lo ha detto perfino il ministro della difesa, José Múcio.
Il paese non risponde
Entrare nel palazzo presidenziale, saccheggiare la sede della corte suprema e fare lo scivolo sullo scranno più alto del parlamento non è mai stato così facile per gli estremisti di destra. Se il sistema di sicurezza fosse stato dalla parte della democrazia e dell’ordine, l’attacco dell’8 gennaio non ci sarebbe stato. O almeno non sarebbe stato così facile realizzarlo.
Tuttavia oggi l’autoritarismo fascista a base di pugni e devastazioni non basta per sovvertire l’ordine democratico. Gli imprenditori, i banchieri, la stampa e i governi stranieri si sono schierati contro il golpe. Per ora l’estremismo bolsonarista è in grado di chiamare a raccolta migliaia di golpisti, ma non un paese intero. Non è mai stato così facile mettere a ferro e fuoco Brasília per spingere a chiedere un colpo di stato, ma è ancora difficile distruggere la democrazia. ◆ ar
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Questo articolo è uscito sul numero 1494 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati