È un eterno sogno su cui fantasticavano già gli antichi romani, Carlo Magno e Ferdinando di Borbone. Ora il governo guidato da Giorgia Meloni ha rilanciato l’idea di collegare con un ponte faraonico Sicilia e Calabria. L’esecutivo di destra ha approvato un decreto che consente di riattivare l’azienda pubblica Stretto di Messina e recuperare un progetto del 2012, che era stato fermato per l’enorme impatto ambientale e per i dubbi sulla sicurezza in un’area ad alto rischio sismico. L’azienda che dovrebbe costruire il ponte è controllata dal ministero dell’economia, da quello delle infrastrutture e dalle regioni Sicilia e Calabria.
I lavori dovrebbero cominciare nell’estate 2024 e secondo il ministero delle infrastrutture sarà il “ponte strallato (sostenuto da cavi) più lungo del mondo. Il fiore all’occhiello dell’arte ingegneristica italiana”.
I precedenti, però, indicano che ci sono buone probabilità che l’opera non diventi mai realtà. Il ponte sullo stretto di Messina è un vecchio sogno dell’Italia, che riprese vigore nell’ottocento. A metà del novecento i lavori cominciarono seriamente e negli anni sessanta e settanta furono presi in considerazione i primi progetti per collegare la Sicilia alla terraferma, tra cui un tunnel o un grande ponte sospeso. Nel 1981 nacque l’azienda Stretto di Messina, con l’obiettivo di costruire una struttura monumentale che prevedeva due piloni alti trecento metri, come la torre Eiffel, sistemati uno per lato, per sostenere un arco di tre chilometri.
Durante la campagna elettorale del 2001 Silvio Berlusconi promise di terminare il ponte in dieci anni. Nel 2006 riuscì a firmare un contratto per la sua costruzione, ma l’arrivo al governo di Romano Prodi, che considerava il progetto inutile, mise fine alle sue ambizioni. Solo in quell’anno l’azienda Stretto di Messina costò agli italiani ventuno milioni di euro: contava più di cento dipendenti che lavoravano a un progetto chiuso in un cassetto.
Quando Berlusconi tornò al governo riprese l’idea, ma poi fu fermato dalla crisi economica e dall’arrivo di Mario Monti alla guida del paese. Nel 2016 fu Matteo Renzi, allora presidente del consiglio, a riproporre il progetto, ma senza alcun effetto pratico. Per il nuovo tentativo si parla di una cifra di sette miliardi di euro. È la grande scommessa personale di Matteo Salvini, leader della Lega e ministro delle infrastrutture, in crisi dopo essere stato soppiantato da Giorgia Meloni nella leadership della destra italiana. Non avendo ottenuto l’agognato ministero dell’interno, Salvini punta a riconquistare la ribalta politica con il ponte sullo stretto, che secondo lui sarà, oltre che “un motore di crescita” per il sud, anche un’“importante attrazione turistica”. “È una giornata storica non solo per la Sicilia e la Calabria, ma per tutta l’Italia dopo cinquant’anni di chiacchiere”, ha dichiarato Salvini all’approvazione del decreto.
Demolire molte case
L’opinione pubblica italiana è fortemente divisa sull’idea di questa colossale infrastruttura. Le associazioni ambientaliste e i residenti sono contrari non solo perché per farle spazio bisognerebbe demolire molte case, ma anche perché si tratta di un’area di grande biodiversità, un punto di transito fondamentale per i pesci e anche per gli uccelli che nidificano nella zona. Inoltre, le associazioni imprenditoriali dicono che il ponte non servirà a niente se ci vorranno ancora molte ore per viaggiare tra Palermo e Catania, mancando un collegamento ferroviario ad alta velocità. E come se non bastasse, sotto lo stretto si trova una delle faglie più attive d’Europa, la faglia Messina-Taormina, che nel 1908 causò un terremoto in cui morirono quasi centomila persone e che distrusse la città di Messina. Ma i rappresentanti della protezione civile e dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) hanno dato la loro approvazione al progetto. “La sismicità c’è in Italia come c’è, peggio, in Turchia e in Giappone, e ci sono grandi ponti in tutti quei paesi”, ha risposto Salvini, che ha assicurato che il ponte sarà “antisismico” e durerà “nei secoli”. ◆ fr
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Questo articolo è uscito sul numero 1504 di Internazionale, a pagina 41. Compra questo numero | Abbonati