“Come stai?”. “Mi difendo”, mi ha risposto una persona di recente. Non è una battuta nuova, ma c’era un’apertura e un’ostinazione a voler restare attaccata al mondo nella sua voce che non mi ha fatto pensare alla contraddizione tra difesa e vulnerabilità, ma ai diversi modi in cui queste forze formano inedite alleanze in una vita adulta. Un sentimento che si riverbera durante il primo ascolto di stillness, stop: you have a right to remember di Any Other, disco che arriva per 42 records dopo sei anni pieni di altri esperimenti e nuove idee. L’eleganza di Adele Altro è così evidente che assegnarle qualsiasi aggettivo pare quasi una forzatura, e forse eleganza non è neanche la parola adatta, perché rischia di evocare qualcosa di distante e cerebrale, perfettamente composto.
Invece la sua voce contiene sia il graffio sia il rimedio, ed è come assistere a una bellissima coscienza che si indaga e ripara da sola, mentre archi e strumenti gentili le scorrono dietro. Non c’è bisogno di evocare profeti d’oltreoceano per dare maggiore volumetria a un album che conquista dal primo ascolto nella sua stratificata semplicità, anche grazie a una produzione calda e aderente al senso dei brani. Eppure è divertente pensare che stillness, stop: you have a right to remember sia anche una specie di seduta spiritica in cui gli anni novanta statunitensi si materializzano davanti a chi ascolta Adele Altro come un soundscape sentimentale pieno di consigli benigni, di ricordi e scelte. L’artista è partita da lì, ma durante questo lungo viaggio ha conquistato la sua voce. Adesso è sola, e brilla. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1548 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati