Editoriali

L’Europa torna nello spazio

Alcuni conti alla rovescia possono sembrare più lunghi di altri. Quello del lancio del razzo Ariane-6 è parso interminabile. Il successo del primo volo, effettuato il 9 luglio, mette fine a una lunga parentesi che ha privato l’Europa di un vettore spaziale per nove mesi. Il progetto, avviato nel 2014, ha accumulato un ritardo che ha costretto gli europei a rivolgersi all’azienda di Elon Musk, la statunitense SpaceX, rivale a lungo sottovalutata ma ormai dominante.

L’Europa è tornata nello spazio, ma ora dovrà competere in un settore altamente strategico, che si tratti dell’esplorazione lunare, della difesa, dell’osservazione della Terra o delle comunicazioni via satellite. La corsa allo spazio è una sfida tra potenze economiche, ma soprattutto una questione di sovranità. Ariane-6 dovrebbe colmare parte del ritardo accumulato dall’Europa in un mercato rivoluzionato dall’affermazione delle aziende private, più reattive e innovative delle agenzie di stato. Il nuovo lanciatore europeo dovrebbe permettere più missioni, più flessibilità e più capacità di carico. Eppure è difficile che possa bastare. Mentre la SpaceX è in grado di lanciare un razzo al giorno, Ariane-6 è stato concepito per consentire al massimo dodici voli all’anno. Le economie di scala sono determinanti per ridurre i costi. Inoltre Ariane-6 dovrà superare la concorrenza di vettori riutilizzabili come Starship di Musk e New Glenn di Jeff Bezos. In questo campo l’Europa rischia di ritrovarsi in ritardo di una generazione. C’è bisogno prima di tutto di una nuova organizzazione, come quella che la Nasa ha adottato più di vent’anni fa. A novembre il vertice di Siviglia ha avviato il processo, decidendo di aprire alla concorrenza e di passare dalla logica istituzionale a quella della domanda e dell’offerta.

Iris2, progetto satellitare avviato dalla Commissione europea, potrebbe essere l’occasione per sperimentare questa riorganizzazione. La posta in gioco è enorme, perché dal successo dell’iniziativa dipende la sovranità europea in materia di telecomunicazioni, un tema cruciale per la nuova Commissione. In un momento in cui grandi paesi come Stati Uniti, Cina, India e Giappone intensificano le attività nello spazio, l’Europa deve darsi una mossa per non restare irrimediabilmente indietro. ◆ as

Il diritto al dissenso è in pericolo

Rosa Luxemburg diceva che la libertà è sempre la libertà di chi la pensa diversamente. Il modo in cui uno stato tratta chi dissente dal governo o dalla maggioranza dà la misura della libertà che c’è nel paese. Oggi in Europa questa libertà è sotto attacco.

Amnesty international ha pubblicato un rapporto sul diritto alla protesta pacifica in 21 paesi europei, concludendo che la libertà di riunione è sottoposta a limiti sempre più stringenti e che le opinioni contrarie vengono represse con divieti, violenze, sorveglianza o intimidazioni. Particolarmente colpite sono state le proteste filopalestinesi: secondo Amnesty, le autorità hanno spesso adottato misure sproporzionate, che rafforzano i pregiudizi razzisti.

Il rapporto prende in esame casi avvenuti entro la fine del 2023, quindi soprattutto episodi precedenti all’attacco di Hamas e all’inizio del conflitto a Gaza. Da allora la situazione è notevolmente peggiorata: in tutta Europa le proteste contro la guerra sono state vietate o limitate e certi slogan e simboli sono stati banditi. In Germania la presunta “ragione di stato” è stata imposta con la forza dalla polizia. Al “Congresso per la Palestina” di Berlino c’erano meno di 250 partecipanti e 2.500 agenti. A molti invitati di spicco è stato impedito l’ingresso nel paese, anche se i tribunali tedeschi hanno dichiarato illegittime queste misure. Dopo lo sgombero di un accampamento di protesta all’università libera di Berlino nel maggio 2024, più di mille docenti hanno firmato una lettera aperta in difesa del diritto di manifestare pacificamente nelle università. Il governo tedesco ha minacciato di tagliargli i fondi.

Che sia proprio un governo di centrosinistra l’artefice della repressione è gravissimo. Se l’estrema destra di Alternative für Deutschland (Afd) dovesse andare al potere non dovrebbe fare altro che seguire la strada dei suoi predecessori, limitandosi a istituire nuovi reati d’opinione per perseguitare gli avversari. I metodi da usare li troverebbe già pronti. ◆ sk

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1571 - 12 luglio 2024
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