Editoriali

Lo sport della democrazia

Parleremo di calcio e proprio per questo parleremo anche di democrazia. L’argomento più convincente per spiegare perché gli europei di calcio del 2024 non sono stati la tanto invocata distrazione dalle preoccupazioni politiche ed economiche è la crisi climatica. Si sono alternati caldo secco e pioggia battente. Anche le condizioni meteorologiche estreme e la loro gestione dimostrano quello che nessuno vuole ammettere: il calcio è parte integrante del nostro mondo.

Lo sport non si limita a riflettere il discorso politico, è uno dei suoi strumenti. Il calcio ce lo conferma anche al di là della questione climatica: basti pensare al fango che il partito di estrema destra Aletrnative für Deutschland (Afd) getta sulla nazionale tedesca quando la definisce “legione straniera”. E pensiamo a cosa significa giocare bene e a chi lo fa: per vincere, una squadra deve saper rappresentare la società nella sua interezza, riflettendone le diversità, proprio come succede a ricreazione nei cortili delle scuole. Chi non l’accetta e favoleggia delle migliori prestazioni di cui sarebbero capaci squadre etnicamente omogenee è destinato a perdere su tutto, calcio compreso.

Inoltre abbiamo imparato che è il valore del lavoro collettivo che conta. Le partite di quest’anno hanno mostrato l’errore intrinseco di una tendenza presente nel calcio ma non solo: quella di mettere al centro, come protagoniste indiscusse, delle superstar strapagate. Stavolta nessun giocatore è emerso sugli altri e a segnare il campionato sono stati piuttosto tanti grandi talenti e una buona dose di gioco di squadra. Il calcio dimostra che le chiacchiere su singoli “campioni”, superiori e perciò meritatamente pagati uno sproposito, sono solo tentativi di legittimare l’ideologia neoliberale. Nulla di nuovo. Ma l’avevamo dimenticato. Per fortuna il campionato europeo ce l’ha ricordato.

“Tutto quello che so sulla morale e sui suoi doveri lo devo al calcio”, scriveva Albert Camus, ex portiere poi premio Nobel per la letteratura. Bill Shankly, leggendario manager del Liverpool, invece la metteva così: “Il socialismo in cui credo consiste in questo: tutti lavorano per la collettività e ciascuno beneficia del risultato. Questa è la mia visione del calcio e della vita”. Se vogliamo parlare di democrazia e progresso sociale dobbiamo proprio parlare di calcio. ◆ sk

Il Venezuela di Maduro vacilla

A due settimane dalle elezioni presidenziali in Venezuela, il regime di Nicolás Maduro appare in pericolo. L’arsenale antidemocratico usato contro i candidati dell’opposizione si è esaurito proprio ora che il voto del 28 di luglio si sta trasformando in un referendum sull’attività del governo. I sondaggi indicano che la maggioranza della popolazione è esasperata da un’economia al collasso e dalle violazioni dei diritti umani che hanno provocato la fuga dal paese di più di otto milioni di persone, circa un terzo della popolazione.

Lo sfidante di Maduro è il diplomatico in pensione e neofita della politica Edmundo González Urrutia, che con grande rispetto lo chiama “presidente”, non si abbandona a dichiarazioni revansciste e promette di risanare l’economia. A luglio un sondaggio ha rilevato un gradimento del 27,3 per cento per Maduro e del 68,4 per cento per González. Ma in Venezuela i sondaggi non sempre anticipano il risultato delle urne. L’apparato statale messo in campo e la coercizione esercitata dal regime potrebbero neutralizzare le tendenze attuali. Ma il caudillo ha sottovalutato la capacità dell’opposizione di compattarsi intorno al nome di uno sconosciuto, proposto dalla Piattaforma democratica unitaria.

Maduro ha ignorato la sua crescente impopolarità, dovuta alla stanchezza per un modello di governo autoritario e violento, su cui indaga anche la Corte penale internazionale. Detto questo, è innegabile che il regime abbia ancora gli strumenti per perseguitare gli oppositori e alterare le elezioni. In passato il chavismo si è dimostrato abile nell’usarli anche sotto la pressione dell’indignazione popolare e delle sanzioni internazionali.

Per non parlare della forza bruta, militare e paramilitare, che sarà sempre a disposizione di qualsiasi dittatore voglia conservare il potere attraverso la violenza. ◆ as

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1572 - 19 luglio 2024
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