Organizzare, prenotare, fare le valigie e lasciare casa per un viaggio è come andare sulle montagne russe. Al momento di pianificare e prenotare di solito sono euforica. Tra i complicati calcoli che compongono il mio processo decisionale trovo una formula perfetta che tiene conto di tutti i soggetti coinvolti (di solito io, mio marito e i nostri due figli di cinque e sette anni), del grado di divertimento, di come incastrare il viaggio tra scuola e impegni di lavoro e del richiamo che una destinazione esercita su di me (questa è quasi un’esperienza mistica).

Il viaggio è prenotato. Esiste una sensazione più bella? Nei giorni, nelle settimane o nei mesi successivi mi crogiolo per il risultato ottenuto. Ma poi pian piano, con l’avvicinarsi della partenza, la marea comincia a cambiare, di solito verso le tre del mattino. All’improvviso mi sveglio nel cuore della notte piena di dubbi. Ho scelto la destinazione giusta? E se qualcuno si ammala? Perderemo la coincidenza? Abbiamo tutto quello che ci serve?

Da quando sono diventata madre la mia ansia da viaggio è molto peggiorata per un paio di motivi: sono responsabile di altri esseri umani, e i bambini (soprattutto quelli piccoli) si ammalano tantissimo. Quest’ultimo è un fattore cruciale perché implica la perdita del controllo di una situazione, una cosa per me difficile da gestire. L’idea che potremmo svegliarci il giorno della partenza con uno dei nostri figli con la febbre o il vomito è insopportabile.

Significa che prima di un viaggio non solo mi sento stressata, ma ho attacchi di ansia che mi provocano frustrazione e rabbia, piango perché mi sento sopraffatta, a volte devo anche prendere dei farmaci o respirare in un sacchetto per calmarmi e cercare un briciolo di quella speranza e quell’ottimismo che mi hanno portata a organizzare il viaggio all’inizio. La situazione è talmente peggiorata che mi sono ritrovata a dirmi: “Non lo farò mai più”. Come no. Una volta in viaggio, come un dottor Jekyll e mister Hyde dei conflitti psichici, mi sento in paradiso. È una sensazione che adoro, non solo non ci rinuncerò mai, ma cerco dei modi per ridurre al minimo l’ansia che mi assale prima di partire. Eccone alcuni che mi hanno aiutata.

Riconoscere e gestire lo stress

Il primo passo è stato ammettere l’esistenza della mia ansia da viaggio e capire meglio cosa la scatena. È cominciata dopo che sono diventata madre, perciò ci ho messo un po’ di tempo a riconoscere che “mi stresso molto prima di un viaggio. È una novità”. Dopo essere risalita al motivo ho potuto spiegare a mio marito cosa mi stava succedendo.

Cosa c’entrano le pulizie con lasciare la casa per un po’? Nella mia mente ansiosa, tutto. Se ho la casa in disordine, anche il mio cervello è in disordine e mi sento più agitata e frustrata. Ho scoperto che è meglio se metto in ordine prima di cominciare a fare le valigie, perché sento che riduce lo stress. In più c’è il vantaggio che al ritorno trovo una casa dove non sembra che sia esplosa una bomba.

Dopo aver fatto le pulizie, è il momento dei bagagli. Se devo fare le valigie e tutto il resto in fretta e furia, la mia ansia peggiora (dopotutto sono una che ama arrivare in anticipo in aeroporto). Quindi comincio a tirare fuori le valigie almeno una o due settimane prima così posso riempirle poco per volta, riducendo lo stress dell’ultimo minuto. La lista delle cose da portare per me e i miei figli è ormai scolpita nel cervello, ma l’ho comunque salvata sulla mia app delle note così sono sicura di ricordarmi tutto. Ci faccio affidamento soprattutto per i viaggi più complicati, per esempio all’estero o in un posto caldo o molto freddo dove abbiamo bisogno di essere più equipaggiati. Poi faccio il bucato una settimana prima di partire per sistemare tutti i vestiti puliti direttamente nei bagagli, invece di metterli via e tirarli fuori di nuovo. Se facciamo un viaggio in auto questo vale anche per le attrezzature o le cose da mangiare (come pasta e biscotti) che pensiamo di portare.

Gran parte del mio stress prima di una partenza è causato dalla lotta interiore con “il peggiore dei casi”, che di solito per me rientra nella sfera medica: una malattia o un incidente imprevisto che mandano tutto all’aria. Però, come nel caso di tante altre paure, né io né chiunque altro possiamo farci niente (è un’eventualità futura ipotetica!). Perciò, invece di opporre resistenza, ho deciso di seguire la mia immaginazione fino in fondo. Magari uno dei bambini si sveglierà davvero con una brutta febbre. Non potremo partire, dovremo cancellare o rinviare voli e alberghi. Perderemo un po’ di soldi, forse molti. Però abbiamo delle carte di credito con un po’ di copertura e un’assicurazione sui viaggi. Recupereremo quello che sarà possibile. Non casca il mondo.

Affrontare gli imprevisti

Infine mi piace pensare di avere a portata di mano il necessario per affrontare varie difficoltà, di solito i problemi di salute, ma vale anche per altri imprevisti. Metto nel bagaglio a mano un termometro e del paracetamolo per i bambini, insieme a un sacchetto di plastica se qualcuno dovesse avere la nausea. Se temo di non trovare la connessione internet dove andremo, mi basta portare una mappa pieghevole per sapere che saremo in grado di orientarci anche senza Google maps (orrore!). Se temo di non poter dormire abbastanza, porto una mascherina per gli occhi, cuffie antirumore e un cuscino da viaggio.

Per qualche assurdo motivo, in un certo senso mi piace quando qualcosa va effettivamente storto mentre siamo in viaggio e alla fine si verifica il cosiddetto peggiore dei casi: per esempio mio marito si è davvero slogato una caviglia l’ultima sera della nostra vacanza in Messico, prima di una giornata intera di viaggio per tornare a casa, e abbiamo davvero perso una coincidenza. Viaggiare ha lo straordinario effetto di farci sapere di che pasta siamo fatti. E quando le cose vanno storte, possiamo guardarci indietro e dirci: “Ehi, se abbiamo superato questo, possiamo superare quasi tutto”.

Ai miei figli dico sempre che viaggiando impariamo a risolvere problemi di cui non facciamo esperienza a casa e che è proprio questo a rendere il viaggio così interessante ed entusiasmante. I momenti più difficili contribuiscono a dare forma alla mia lotta perenne con l’ansia perché porto sempre con me la consapevolezza che dopotutto ne è valsa davvero la pena. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1572 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati