Editoriali

Le vite calpestate dei palestinesi

La Cisgiordania è diventata una terra senza legge. Le vite dei palestinesi – la cui sicurezza, in base alla legge, dev’essere garantita dalla forza occupante, cioè Israele – sono in balìa di una violenza senza freni. Le autorità sanitarie palestinesi hanno riferito che una ragazza di tredici anni, Bana Laboum, è stata uccisa con un colpo di arma da fuoco dall’esercito israeliano a Qaryut, nella Cisgiordania centrale. Il padre ha detto che è stata colpita mentre era in casa.

Già prima del 7 ottobre 2023 gli israeliani erano indifferenti alla vita dei palestinesi nei Territori occupati. Ma ora lì regna il caos. I coloni si presentano nelle aree abitate dai palestinesi per lanciare pietre e dare fuoco ai terreni. E una ragazza di tredici anni muore in casa sua per mano dei soldati israeliani. Non poteva mancare l’inevitabile promessa: “L’esercito sta indagando sulle circostanze che hanno portato alla morte della ragazza”.

Il copione è noto: i coloni israeliani si presentano in un centro abitato e quando l’esercito interviene (se lo fa) spara ai palestinesi. I soldati hanno aperto il fuoco in una zona residenziale, come hanno ammesso perfino i loro superiori. Se un’adolescente è uccisa in casa è evidente che non è stata usata prudenza. Insieme all’indifferenza dell’opinione pubblica per quello che succede in Cisgiordania, le sanzioni quasi inesistenti inflitte ai soldati che commettono abusi sui palestinesi alimentano il senso di impunità.

C’è un filo diretto che collega l’omicidio di Bana Laboum e quello dell’attivista per i diritti umani Aysenur Ezgi Eygi, giovane turco-statunitense uccisa mentre partecipava a una manifestazione a Beita, vicino Nablus, in Cisgiordania. Sembra che per Eygi sarà avviata un’indagine seria, perché era americana, non era solo una ragazza palestinese che viveva sotto occupazione. La verità è chiara: quando le vite umane non hanno valore si spara indiscriminatamente, anche agli attivisti. I funzionari della sicurezza continueranno a lanciare l’allarme su un aumento delle tensioni e sull’apertura di un nuovo fronte, mentre il governo continuerà a ignorare e a volte a incoraggiare la violenza dei coloni. Tutto va avanti come sempre. Nessuno pare voler fermare Israele, in marcia verso l’abisso. ◆ as

Kamala Harris punta sul futuro

Il 10 settembre 2024 i due candidati alle presidenziali statunitensi hanno partecipato al dibattito tv con obiettivi opposti. Kamala Harris, del Partito democratico, doveva presentarsi agli elettori, far conoscere i suoi risultati passati e il suo progetto per il futuro. Donald Trump, del Partito repubblicano, doveva fare l’opposto: nascondere la sua natura e il suo passato. Solo Harris è riuscita nell’intento.

La vicepresidente ha descritto un progetto positivo per un paese che nonostante i suoi difetti è in buona salute, chiedendo agli elettori di mettere da parte la brutalità che ha segnato la politica negli ultimi tempi. Trump, al contrario, ha descritto un paese immaginario, “una nazione al tracollo” e sull’orlo della “terza guerra mondiale”, in cui la criminalità è dilagante e gli immigrati sono persone violente che invadono le città e “mangiano gli animali domestici”. Non tutte le proposte di Harris sono condivisibili, ma la candidata democratica è riuscita a spiegare perché il programma di Trump è pericoloso: farebbe aumentare di molto il debito pubblico e, per via dei nuovi dazi sulle importazioni, farebbe impennare i prezzi di molti prodotti. Trump continua a dire che sarebbero gli altri paesi a pagarne il costo, ma è falso. […]

Sulla politica estera Harris ha ribadito l’impegno a sostenere gli alleati democratici per contrastare l’autoritarismo che sta prendendo piede in tutto il mondo, mentre Trump si è vantato del sostegno ricevuto da Viktor Orbán, leader autoritario dell’Ungheria. […]

Harris ha offerto qualcosa di diverso non solo da Trump ma anche rispetto al presidente Joe Biden: il tentativo di superare i litigi e le divisioni. Ha scelto di concentrarsi sulla necessità di “tracciare una rotta per il futuro”. È una retorica da campagna elettorale che deve ancora essere tradotta in proposte politiche concrete, ma almeno esprime la situazione del paese in modo più eloquente e incoraggiante rispetto alla versione apocalittica di Trump. ◆ as

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1580 - 13 settembre 2024
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