“Non c’è nulla di più disumano della guerra. Ma ora che ci siamo dentro, abbiamo il sacro dovere di sopravvivere”, dice Corto Maltese a Yann, giovane reporter nel Messico del 1925, a metà strada tra un Jack London in erba (Yann pare un ragazzino, ma simboleggia il sogno adolescenziale) e il candore del primo Tintin, reporter pieno di meraviglia (i colori dei vestiti e dei capelli sono quelli del personaggio di Hergé). Yann è il simbolo della purezza, in una chiave però divertente, fan com’è di Corto Maltese e delle sue avventure. Uno sguardo che Corto cerca di preservare dall’orrore. Dopo il capolavoro Notturno berlinese, sulle ombre di estrema destra che dilagano in Europa, la coppia spagnola indaga brillantemente un episodio storico poco noto successivo alla rivoluzione messicana: la guerra terribile fatta ai cristeros, poveri paesani cattolici ai quali il governo proibì la libertà di culto. Le religioni sono un imbroglio e quindi Rasputin, teatrante psicotico, gioca travestito da prete mentre, tra piramidi maya e archeologi affaristi, tra western alla Leone e avventura classica, il marinaio che si è creato la linea del destino con un rasoio, “uomo del destino” che “recita per un pubblico invisibile”, per dirla con Pratt, radicalmente autonomo, fa credere come sempre di essere disinteressato ad aiutare il prossimo. E come sempre farà il contrario. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1588 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati