Il 27 settembre, durante la manifestazione conclusiva della sua campagna elettorale in Stephansplatz, a Vienna, il leader del Partito della libertà d’Austria (Fpö, estrema destra) Herbert Kickl ha entusiasmato il pubblico dicendo di non vedere l’ora che arrivasse il giorno delle elezioni per vedere “schizzare verso l’alto” la barra blu del partito nei grafici dell’exit poll. Due giorni dopo, una fresca domenica autunnale, una folla di sostenitori dell’Fpö si era riunita fin dal pomeriggio nel dehors della Stiegl-Ambulanz, una birreria di Vienna. Poco dopo le 17, quando la tv ha annunciato che secondo i risultati preliminari il partito aveva ottenuto il 29 per cento dei voti, è stato subito chiaro chi aveva vinto le elezioni.
Dalle analisi dei risultati emerge chiaramente che l’Fpö si è ripreso i voti che aveva perso alle elezioni del 2019 in favore del Partito popolare austriaco (Övp). Secondo l’analisi dei flussi elettorali, 443mila elettori sono passati da un partito all’altro: il più grande travaso di voti mai registrato in Austria. Kickl è riuscito ad allargare il suo bacino elettorale: oltre ai sostenitori più convinti, che già da mesi avevano deciso di votarlo, in campagna elettorale si è assicurato anche l’appoggio di elettori tendenzialmente più di centro. La destra populista è diventata definitivamente un partito di massa, capace di parlare a tutte le fasce della popolazione. Secondo il sondaggista Peter Hajek, infatti, il 29 settembre Kickl ha conquistato la maggioranza degli elettori sia tra gli uomini sia tra le donne, sia tra chi ha meno di trent’anni sia nella fascia 30-59; e poi tra i lavoratori, tra gli abitanti delle zone rurali e quelli delle città di medie dimensioni. Tra i pensionati e i diplomati, invece, l’Fpö non è il primo partito, e neanche nelle grandi città.
Per Kickl questo successo elettorale è anche una vendetta sull’Övp. La sua voglia di rivalsa, però, non è diretta tanto contro l’ex cancelliere Sebastian Kurz, che nel maggio del 2019 lo aveva estromesso dal governo in cui era ministro dell’interno. Con Kurz non c’è “attualmente nessun problema”, ha dichiarato Kickl in un’intervista rilasciata a radio Ö3 quest’estate. Sono invece parecchie le questioni aperte con il cancelliere uscente Karl Nehammer. In campagna elettorale, il leader dell’Övp ha definito Kickl un “complottista”, un “estremista di destra” e un “rischio per la sicurezza”.
Ma i drammatici avvertimenti di Nehammer non sono serviti a nulla. Proprio come fanno i trumpiani, gli elettori dell’Fpö perdonano al loro idolo qualsiasi estremismo, qualsiasi esagerazione, qualsiasi volgarità. Anzi, a dire la verità, se ne compiacciono: lo considerano coraggioso. E poi è proprio uno spasso sentirlo definire gli altri partiti “club di scambisti per amanti del potere” o definire con disprezzo il festival musicale di Salisburgo una “conventicola incestuosa”. Anche il modo in cui ammicca ai gruppi di estrema destra non lo danneggia: tutti sanno che definisce il movimento identitario una “ong di destra” con idee “che meritano sostegno”. Alla vigilia delle elezioni, due dei suoi fedelissimi, il capolista alla camera nella circoscrizione di Vienna e il segretario generale del gruppo parlamentare, candidato sulla lista federale, hanno sollevato un polverone partecipando ai funerali di una vecchia gloria della confraternita studentesca di estrema destra Burschenschaft Olympia. Secondo il quotidiano Der Standard, al funerale è stato intonato un canto che era uno degli inni delle Ss (Wenn alle untreu werden). Non è dato sapere se i due politici si siano uniti al coro.
Gli elettori dell’Fpö perdonano al loro idolo qualsiasi estremismo
In un sondaggio del dicembre 2022 l’Fpö di Kickl aveva già superato il Partito socialdemocratico d’Austria (Spö), fino ad allora primo partito, e in seguito ha mantenuto la posizione. Il picco dei consensi lo ha raggiunto esattamente un anno fa, quando si attestava sul 32 per cento. E da lì è andato dritto verso la vittoria.
Quella appena conclusa è stata la prima campagna elettorale che Kickl ha portato avanti per se stesso e non per conto di altri. E ha scelto di cambiare atteggiamento: al posto dei soliti colori – il rosso della bandiera o il blu del partito – i manifesti erano dominati dal bianco, simbolo di pace e serenità. Kickl non ha però voluto rinunciare a un briciolo di blasfemia: “Sia fatta la vostra volontà”, recitava uno dei suoi slogan. Proprio per farne la volontà si è messo al servizio dei suoi elettori nel ruolo di cancelliere: “Tu sei il capo, io il tuo strumento”, “Dipende tutto da te”, “Cancellieri insieme”, proclamavano i suoi manifesti.
Kickl, noto per essere un prepotente con un’ostinata voglia di vincere, in campagna elettorale si è atteggiato anche a mite angelo custode che avrebbe trasformato l’Austria in “un’isola dei beati”, al riparo da ogni male: sotto di lui, che da cancelliere si comporterebbe come un buon padre di famiglia, il paese vivrebbe “cinque buone annate”.
Temi ricorrenti
Dal punto di vista dei temi affrontati, sono ormai trent’anni che l’Fpö ripete sempre lo stesso schema: immigrazione, asilo, integrazione. Dal punto di vista dei suoi politici ogni problema è riconducibile a questo nodo: dall’emergenza abitativa al sistema sanitario allo stremo, passando per le aule scolastiche sovraffollate, la colpa è sempre e comunque di migranti, richiedenti asilo e stranieri che rifiutano di integrarsi. Nel 2017 Sebastian Kurz e il suo Övp avevano messo il cappello sulla questione “stranieri”, ma ora Kickl se l’è preso. Migrazione e diritto d’asilo hanno dominato la campagna elettorale e neanche le catastrofiche alluvioni che hanno colpito l’Austria sono riuscite a spostare l’attenzione da questi temi. Secondo alcuni sondaggi il 33 per cento dei sostenitori dell’Fpö dichiara di votarlo proprio in ragione della sua politica migratoria.
A più di due anni dalla fine della pandemia, Kickl ha guadagnato consensi accusando il governo di coalizione Övp-Verdi di aver trasformato l’Austria in una “dittatura” e in un “regime iniquo”. E per inasprire ulteriormente i toni si è lanciato anche in una campagna contro l’Organizzazione mondiale della sanità, che secondo lui usa “il pretesto della tutela della salute” per “mettere in atto i suoi piani per creare l’uomo nuovo” e per minare la sovranità austriaca con la prossima pandemia.
Cinque giorni prima del voto, il discusso medico tedesco Sucharit Bhakdi è stato invitato dal segretario generale dell’Fpö, Michael Schnedlitz, a parlare a un evento a Lugner. Per Bhakdi il vaccino contro il covid-19 è stato un “programma satanico che ha danneggiato e mutilato milioni di persone”, mentre il vaccino antipolio è “con tutta probabilità un’enorme bugia” e quello antivaiolo non ha mai funzionato.
A quanto pare anche l’idea di presentare il partito come una formazione liberista ha funzionato. Nel programma elettorale si parla infatti di abbassamento dell’imposta societaria per le piccole imprese, di riduzione dei costi indiretti del lavoro e di abolizione della tassa sulle emissioni di CO2. Inoltre con l’Fpö si sono candidati due esponenti dichiaratamente liberisti, tra cui l’ex manager dell’azienda ferroviaria austriaca Öbb.
Con il 28,8 per cento, Kickl ha portato l’Fpö al suo miglior risultato alle elezioni politiche, superando il 26,9 per cento ottenuto il 3 ottobre 1999 dal suo idolo di un tempo, Jörg Haider. Anche Haider aveva concluso la sua campagna elettorale sulla Stephansplatz a Vienna. E allora, ad ascoltarlo entusiasta sotto al palco, c’era un collaboratore trentenne della scuola di partito dell’Fpö: Herbert Kickl. ◆ sk
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Questo articolo è uscito sul numero 1583 di Internazionale, a pagina 31. Compra questo numero | Abbonati