A febbraio il governo ucraino ha annunciato sui social network che avrebbe accettato donazioni in bitcoin, ethereum e tether per sostenere il suo esercito. Sarà sembrata una trovata pubblicitaria, ma non è così. Secondo Brittany Kaiser, imprenditrice del settore delle criptovalute, sommando tutte le iniziative lanciate su diverse piattaforme sono arrivate donazioni per circa 106 milioni di dollari. Kaiser (ex testimone nel caso Cambridge Analytica, lo scandalo venuto a galla nel 2018, quando si scoprì che l’azienda britannica Cambridge Analytica aveva raccolto i dati personali di 87 milioni di utenti di Facebook senza il loro consenso e li aveva usati per fare propaganda politica) fa parte di una rete di esperti che affianca nell’operazione il ministro per la trasformazione digitale dell’Ucraina, Mychajlo Fedorov.
Giusto per fare un paragone, questa somma è superiore ai novanta milioni di euro stanziati inizialmente dall’Unione europea per gli aiuti umanitari in Ucraina (ora Bruxelles sta aumentando la cifra) e continuerà a crescere, perché la rete di Fedorov si sta rivolgendo a ogni singolo cripto-gruppo. Gavin Wood, cofondatore di Ethereum, ha twittato che avrebbe “inviato personalmente cinque milioni di dollari” se fosse stato accettato anche un altro token che ha creato, il polkadot. Ora la banca centrale ucraina sta accettando numerosi beni digitali. “L’innovazione è straordinaria”, afferma Kaiser. “Non abbiamo mai visto niente di simile prima d’ora”.
Che conclusioni si dovrebbero trarre da tutto questo? Molti tradizionalisti potrebbero farci su una risata. A qualche autorità di vigilanza forse verranno i brividi, considerando che gli Stati Uniti e l’Europa stanno facendo di tutto per impedire alle aziende e ai cittadini russi di usare le criptovalute per aggirare le sanzioni occidentali. Sarebbe tuttavia folle per qualsiasi investitore – o politico – ignorare quei 106 milioni di dollari. Innanzitutto, sono una dimostrazione del fatto che viviamo in un mondo plasmato da reti, non solo da istituzioni gerarchiche. Ma segnalano anche un aspetto più importante: la guerra in Ucraina potrebbe accelerare la crescita delle criptovalute. “L’invasione russa è il primo grande evento in cui questa tecnologia è parte dello scenario”, ha detto ai suoi clienti il fondo d’investimento Bridgewater. “Queste dinamiche di breve periodo stanno avvenendo in coincidenza di cambiamenti strutturali nei mercati delle criptovalute che, secondo noi, si rafforzano man mano che aumentano gli investitori istituzionali e il sistema diventa più solido”. O, come ha osservato Michelle Ritter, amministratrice delegata dell’azienda tecnologica statunitense Steel Perlot, “la crescita dei social network è avvenuta nel 2011, quando video, tweet e altri post da Libia, Egitto, Yemen, Siria e Bahrein innescarono la primavera araba. Ora ci troviamo in un momento simile per le criptovalute”.
È tempo di reagire
Due fattori contribuiscono a rafforzare queste previsioni. In primo luogo, l’invasione è avvenuta in un paese che negli ultimi anni è stato un focolaio di attività e talenti tecnologici nel campo delle criptovalute. Secondo il gruppo di ricerca Chainalysis, nel 2020 l’Ucraina aveva il livello più alto di uso di criptovalute pro capite del mondo e nel 2021 era al quarto posto. Questo ha preparato il terreno per la creazione di una rete di esperti di tecnologia favorevoli all’innovazione. Non stiamo dicendo che le criptovalute sono state particolarmente utili come strumenti per fare pagamenti in guerra dopo la chiusura dei canali convenzionali, se si escludono le donazioni. Alcune aziende tecnologiche occidentali hanno cercato di pagare i loro dipendenti in Ucraina usando le criptovalute, ma hanno avuto molte difficoltà.
Le criptovalute non hanno neanche funzionato particolarmente bene come riserve di valore nel breve periodo: nelle ultime settimane il bitcoin ha avuto un rendimento inferiore rispetto all’oro, il tradizionale bene rifugio in tempo di guerra. Tuttavia il fondo d’investimento Bridgewater ha precisato che “l’aumento dei flussi russi e ucraini di criptovalute in questo conflitto evidenzia il fatto che le monete digitali sono viste e usate come alternative a quelle tradizionali”. È probabile quindi che l’innovazione acceleri.
Il secondo fattore è che le sanzioni occidentali contro la banca centrale russa hanno diffuso il timore che i paesi non occidentali potrebbero in futuro abbandonare il dollaro. È improbabile che questo possa rovesciare lo status del dollaro come principale valuta di riserva a breve o medio termine, o quanto meno non in un mondo in cui la Banca centrale europea coopera strettamente con gli Stati Uniti, la valuta cinese non è ancora liberamente convertibile e l’intero settore delle criptovalute ha un valore complessivo di appena duemila miliardi di dollari.
Il dibattito sempre più grande sta facendo tuttavia aumentare le pressioni sul governo statunitense affinché reagisca, tenuto conto del fatto che di recente la Cina ha lanciato una sua valuta digitale. Ecco perché il 9 marzo il presidente Joe Biden si è preso una pausa dalla frenetica diplomazia della Casa Bianca sull’Ucraina – e dagli sforzi per fermare l’aumento del prezzo del petrolio – per annunciare il lancio della prima iniziativa politica federale nel campo delle valute digitali. I dettagli sono vaghi, ma tra questi c’è il sostegno al tentativo della Federal reserve (Fed, la banca centrale degli Stati Uniti) di sviluppare un dollaro digitale.
È improbabile che il dollaro digitale possa diventare presto una realtà, o che la Securities and exchange commission (Sec, l’autorità di vigilanza della borsa statunitense) accolga dall’oggi al domani fondi in stablecoin (criptovalute stabili) o bitcoin. Tuttavia, il punto cruciale per gli investitori è il crescente desiderio di Washington di mantenere l’innovazione in questo settore all’interno del suo perimetro normativo, non al di fuori o all’estero. Alcuni libertari inorridiranno, ma gli attori più importanti nel mondo delle criptovalute sembrano disponibili a far parte del sistema e stanno facendo a gara per ripulirsi l’immagine e fare una buona impressione. In questo senso l’esplosione della criptofilantropia a favore dell’Ucraina è simbolica. Possiamo considerarla un ennesimo esempio di come una guerra possa produrre effetti collaterali inattesi, non solo nella geopolitica ma anche nella finanza. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1453 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati