Cos’avevano in comune fino a pochi giorni fa Bahamas, Eritrea, Gabon, Bolivia, Papua Nuova Guinea, Zimbabwe e Italia? Erano alcuni dei paesi senza un ambasciatore degli Stati Uniti.
Poi il 2 maggio i giornali hanno annunciato la nomina di Jack Markell, ex governatore del Delaware, e dopo più di due anni l’Italia esce da quella lista.
Il primo ambasciatore statunitense fu nominato l’11 marzo 1894, si chiamava Wayne MacVeagh. Poi arrivò la parentesi della seconda guerra mondiale: tra il 1941 e il 1944 le relazioni diplomatiche furono interrotte. Dalla fine della guerra, però, un ambasciatore c’è sempre stato.
Fino al 4 gennaio 2021, quando Lewis Eisenberg se n’è andato per lasciare il posto al suo successore, che avrebbe dovuto essere nominato dal nuovo presidente, Joe Biden.
Così non è stato, e a Roma c’era solo un incaricato d’affari. Non sono pochi i paesi in questa situazione. Tra loro c’era perfino l’India, ma prima della nomina di Markell, l’Italia era l’unica nazione del G7 senza ambasciatore statunitense.
Ufficialmente non perché gli Stati Uniti considerino l’Italia un paese dove la presenza di un ambasciatore sia superflua, anche se è difficile immaginare che non ne abbiano uno a Pechino o a Parigi. La ragione forse va cercata nei corridoi di Washington.
Da anni i presidenti statunitensi hanno l’abitudine di scegliere gli ambasciatori tra i miliardari che hanno finanziato la loro campagna elettorale. Malgrado sia criticata da molti, questa pratica è stata seguita sia dai repubblicani sia dai democratici.
Ma è tutto il processo che si è inceppato, scrive Foreign Policy, diventando sempre più soggetto a beghe politiche e veti incrociati.
Riferendosi a Villa Taverna, la residenza romana dell’ambasciatore statunitense, il giornale online Politico si domandava qualche tempo fa come mai fosse così difficile “trovare qualcuno che voglia trascorrere qualche anno in una villa rinascimentale?”. Ci sono fontane barocche, sarcofagi romani, colonne egizie. “E anche il cibo non è niente male”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1510 di Internazionale, a pagina 5. Compra questo numero | Abbonati