Mentre in Italia ci si preoccupa per la possibile vittoria elettorale di destre che hanno fatto dell’identità nazionale, religiosa ed etnica la propria bandiera, è utile leggere chi, ottimisticamente, prova a trovare argomenti, pratiche e meccanismi istituzionali utili alla convivenza di gruppi diversi in una stessa società.
Lo fa con brio, grazie alla conoscenza di molte situazioni storiche e di oggi, Yascha Mounk, politologo tedesco che ha lavorato a lungo negli Stati Uniti. A muovere Mounk è una considerazione apparentemente pessimista. Nella storia del mondo finora non c’è mai stata una democrazia composta da gruppi chiaramente diversi senza conflitti gravi, spesso tragici. Quello che porta a una democrazia eterogenea ma funzionante è un cammino sconosciuto, un grande esperimento, nel senso di una procedura di cui non conosciamo il risultato.
Per trovarlo, Mounk mostra quali sono le ragioni che conducono agli scontri etnici (l’assenza di governo, la sopraffazione e la frammentazione), immagina i princìpi capaci di frenare queste forze e suggerisce alcune politiche per raggiungere un modello d’integrazione che, superando tanto il melting pot quanto la salad bowl, è espresso dalla metafora di un parco pubblico, aperto a tutti, capace di offrire una vasta scelta e creare uno spazio d’incontro. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1476 di Internazionale, a pagina 95. Compra questo numero | Abbonati