Nel momento in cui nei confronti dei migranti s’innalzano barriere per farne un gruppo altro, disperato e arretrato, è utile tornare a riflettere su uno dei mattoni su cui fu costruita l’identità italiana: la divisione tra nord e sud. Lo fa questo libro, secondo cui l’idea di un Mezzogiorno “barbaro e arretrato” fu elaborata dalle élite meridionali e poi nazionali sulla base delle rappresentazioni nate per giustificare il colonialismo. Di questa lettura si ricostruisce la genealogia. Comincia nel cinquecento quando i gesuiti che tornavano nel sud dopo aver evangelizzato gli indigeni lo chiamavano “las Indias de por acà”. Attraversa il risorgimento, quando gli esuli napoletani misero l’accento sull’inefficienza degli apparati meridionali e sulla permanenza di tradizioni ancestrali. Poi va dalla Belle époque della lotta al brigantaggio e della naturalizzazione lombrosiana dell’inferiorità meridionale fino alla recente nascita di un’ideologia neoborbonica, passando per il fallimento delle riforme agrarie degli anni cinquanta e le battaglie dei decenni seguenti. Per la sua ricostruzione Conelli attinge agli scritti di Gramsci sulle classi subalterne. Testi nati da una presa di coscienza personale radicata nel Meridione, ma utili, grazie alla lettura che ne hanno dato gli storici e gli antropologi indiani anglofoni, a collocare questo problema in un quadro globale. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1501 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati