Immaginate di alzarvi da tavola, guardare giù e vedere che la mela sul vostro piatto è diventata enorme, grande come una tartaruga. Una volta in piedi avete la sensazione che le gambe siano lunghe il triplo del normale, come se foste sospesi sui trampoli ben al di sopra del tavolo e di quel frutto mostruoso. Se vi succedesse, potreste credere di essere caduti come Alice nella tana del coniglio e di essere finiti nel paese delle meraviglie del romanzo di Lewis Carroll.

Il neurologo Maximilian Friedrich ha sentito questo aneddoto dalla bisnonna quando ha cominciato a studiare la percezione. Le era successo molti anni prima, quando soffriva di emicrania, poi non le era più capitato e l’aveva tenuto segreto: all’epoca i disturbi mentali erano mal visti. Oggi Friedrich lavora all’ospedale universitario di Würzburg, in Germania, e studia quella che è stata chiamata la sindrome di Alice.

Forse è molto più comune di quanto si pensi. Anche se dagli anni cinquanta sono stati riferiti appena duecento casi, studi recenti indicano che può colpire fino al 20 per cento delle persone che soffrono di emicrania, e secondo alcune stime fino al 30 per cento degli adolescenti ha avuto qualche sintomo. Chi ne soffre vede figure con parti del corpo in più, ha l’impressione che i muri si avvicinino o può sentir parlare gli altri più lentamente o velocemente del normale. Di solito gli episodi durano qualche minuto e finora nessun esame medico è stato in grado di diagnosticarli.

Queste distorsioni della percezione potrebbero aver ispirato Carroll. Alice, la protagonista del suo libro del 1865, ha la sensazione che il suo corpo diventi più grande e più piccolo (lo scrittore soffriva di emicrania, ma non si sa se avesse anche la sindrome). Lo psichiatra britannico John Todd è stato il primo a chiamarla così nel 1955. Oggi è definita come un disturbo che causa percezione alterata di forma e dimensioni, soprattutto del proprio corpo, degli oggetti circostanti e del tempo.

Non fidarsi è meglio

Uno studio di cui Friedrich è coautore, pubblicato sulla rivista Annals of Neurology, ha cercato d’individuare le reti neurali che potrebbero essere associate a certi sintomi. I ricercatori hanno mappato alcuni circuiti del cervello di 37 individui e i risultati potrebbero spiegare non solo l’origine della sindrome, ma anche come funziona la percezione umana.

Subito dopo quell’episodio la bisnonna di Friedrich ebbe l’emicrania, ritenuta la prima causa del disturbo. L’emicrania, però, non è rilevabile con la risonanza magnetica funzionale, e questo rende difficile esaminare i pazienti. Si sa che le lesioni cerebrali dovute a ictus o emorragie sono la seconda causa più diffusa della sindrome. Friedrich e i suoi colleghi hanno perciò mappato le lesioni di 37 persone con la sindrome di Alice per poi esaminare i dati di risonanze preesistenti sulle reti cerebrali più spesso collegate ai siti delle lesioni. Hanno così scoperto che più dell’85 per cento di quei siti era legato a due zone del cervello: la corteccia extrastriata destra, coinvolta nella visione delle parti corporee, e il lobulo parietale inferiore, coinvolto nel giudizio di forma e dimensioni.

“Sono risultati del tutto nuovi che mi aspetto abbiano conseguenze importanti per gli studi futuri della sindrome e per la cura dei pazienti”, dice Jan Dirk Blom, che insegna psicopatologia clinica all’università di Leida, nei Paesi Bassi, e studia le allucinazioni e altri fenomeni percettivi. Le ricerche precedenti si limitavano a studiare singoli casi, mentre questa è la prima che esamina il cervello di un gruppo di pazienti.

Ora Friedrich e i colleghi vogliono capire il motivo di questi disturbi. Comprendere meglio la sindrome potrebbe dimostrare in che modo le alterazioni della percezione causino idee anomale sul corpo, spiega Friedrich, e questo a sua volta potrebbe servire a capire e curare disturbi come l’anoressia. C’è una certa sovrapposizione tra le regioni cerebrali legate all’anoressia e alla sindrome di Alice. Secondo Friedrich “non bisogna fidarsi troppo delle proprie percezioni, perché a volte non corrispondono alla realtà”. ◆ sdf

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Questo articolo è uscito sul numero 1582 di Internazionale, a pagina 110. Compra questo numero | Abbonati