Secondo Friedrich Nietzsche l’animale, in quanto volontà di potenza pura, è qualcosa da cui l’essere umano ha da imparare. Molte di queste sue riflessioni sulla volontà di potenza sono state stimolate da un lungo soggiorno a Messina nel 1882, almeno così sembra dai suoi diari. Nel palazzo di via Cesare Battisti dove il filosofo abitò non c’è nessuna traccia del suo passaggio (come invece capita nella casa dove soggiornò a Torino). Di celebre, in quel palazzo, c’è solo una rosticceria. Lì, sullo stretto, Nietzsche scrisse gli Idilli di Messina, una raccolta di otto poesie, l’unica sua opera strettamente poetica. “Sprofondarono sensi e pensieri / In un’eternità indistinta, / E un abisso senza confini / Si spalancò”, recita una delle poesie, in cui Nietzsche crea un’analogia meravigliosa tra il modo in cui pensava l’animale e quello con cui pensava lo stretto. Potenze pure, senza limiti né confini, che ci mostrano possibilità e alternative per l’esistenza su questo pianeta. Ecco una modesta proposta, senza nulla togliere agli arancini che si vendono dove ha vissuto il più grande filosofo di sempre: una targa, un ricordo, qualcosa che spieghi la capacità che Nietzsche ha avuto, anche osservando il Mediterraneo, di dirci qualcosa di così profondo sulla natura, sugli animali, e dunque su noi stessi. Si potrebbe usare questo suo brano: “L’uomo chiese una volta all’animale: ‘Perché mi guardi soltanto senza parlarmi della felicità?’. L’animale voleva rispondere e dice: ‘Ciò avviene perché dimentico subito quello che volevo dire’ – ma dimenticò subito anche questa risposta e tacque: così l’uomo se ne meravigliò”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1535 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati