Ipiani nazionali di riduzione delle emissioni di gas serra sono poco credibili e non permetteranno di limitare l’aumento della temperatura media globale a 1,5 gradi rispetto all’era preindustriale. Lo afferma un nuovo rapporto delle Nazioni Unite, che definisce “del tutto insufficienti” i progressi fatti dalla conferenza sul clima Cop26 del 2021. Secondo l’Emissions gap report, messo a punto dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep), proseguendo su questa strada il pianeta è condannato a un aumento di 2,6 gradi entro la fine del secolo, con conseguenze devastanti.
La Cop26 di Glasgow, nel Regno Unito, si era conclusa con l’accordo sottoscritto dai partecipanti a presentare piani più coraggiosi di riduzione delle emissioni entro un anno. L’allora premier britannico Boris Johnson aveva parlato di accordo “rivoluzionario”, aggiungendo che il mondo aveva finalmente “imboccato la direzione giusta” nella lotta alla crisi climatica.
Il rapporto dell’Unep, però, smentisce quell’ottimismo affermando che, allo stato attuale, gli impegni presi eliminano meno dell’1 per cento delle emissioni stimate per il 2030. “Tra gli impegni presi e ciò che serve davvero c’è un abisso”, spiega Anne Olhoff dell’Unep. L’Emissions gap report esamina gli impegni presi dai vari paesi, sia nei piani presentati alle Nazioni Unite sia nei provedimenti interni a lungo termine.
Qualche ragione di speranza c’è. Il previsto aumento di 2,6 gradi si basa sul raggiungimento della maggior parte degli obiettivi presenti nei piani nazionali per il 2030. Ma nello scenario migliore, e cioè che tutti gli obiettivi a lungo termine di neutralità carbonica siano rispettati, la temperatura media globale aumenterebbe solo di 1,8 gradi entro la fine del secolo. L’Unep avverte però che quest’ipotesi non è “credibile” perché la maggior parte dei piani climatici di breve termine è ben lontana dal permettere agli stati di arrivare a zero emissioni nel corso del secolo. Quelli di Cina e India prevedono un aumento delle emissioni fino al 2030 e poi una rapida riduzione per arrivare a zero nel giro di 30-40 anni, un obiettivo considerato del tutto irrealistico.
Se tutti i piani nazionali fossero rispettati, le emissioni si ridurrebbero di appena il 10 per cento entro il 2030, contro il 45 per cento che servirebbe per rispettare l’obiettivo di 1,5 gradi. “Il rischio è di concentrarsi su un futuro lontano”, dice Olhoff. “L’obiettivo della neutralità carbonica è fondamentale, ma la sua realizzazione dipende dall’adozione di provvedimenti a breve termine”.
I risultati del rapporto coincidono con un’altra ricerca delle Nazioni Unite, pubblicata il 26 ottobre, che analizza nel dettaglio i piani nazionali presentati nell’ambito dell’accordo di Parigi del 2015. Secondo i ricercatori, in base a questi piani la temperatura è destinata ad aumentare di 2,5 gradi entro la fine del secolo.
Spetterà ai leader mondiali, che dal 6 al 18 novembre parteciperanno alla conferenza Cop27 a Sharm el Sheikh, in Egitto, colmare lo scarto tra le emissioni previste nei piani nazionali e gli obiettivi dell’accordo di Parigi.
Piers Forster dell’università di Leeds, nel Regno Unito, afferma che i partecipanti alla conferenza egiziana dovranno rafforzare i rispettivi impegni climatici: “Il pianeta ha più che mai bisogno della collaborazione internazionale. La Cop27 deve mantenere le promesse”. ◆ sdf
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Questo articolo è uscito sul numero 1485 di Internazionale, a pagina 104. Compra questo numero | Abbonati