L’estate è il periodo in cui i libri si scelgono sulla base di un desiderio, senza l’intralcio di uscite, classifiche, chiacchiere, gruppi di lettura. Il mio desiderio per quest’anno è quello di leggere V.S. Naipaul, premio Nobel per la letteratura nel 2001. Il massaggiatore mistico è il suo romanzo d’esordio, ambientato nell’isola dov’è nato, Trinidad. La storia, ambientata negli anni quaranta, ruota intorno a Ganesh, il massaggiatore mistico appunto, e alla comunità indiana in cui vive, di cui è originario lo stesso autore. In questa prima prova di scrittura si percepisce tutto l’affetto per quell’umanità e l’ironia rivolta all’impero, la satira che sarebbe diventata per molto tempo, e poi non più, il volto riconoscibile della sua scrittura. Leggere questo romanzo uscito per la prima volta nel 1957 significa tornare alle basi, al piacere di apprezzare un narratore puro. L’ascesa e il declino di Ganesh, da massaggiatore a politico – eroe del popolo quasi suo malgrado, a discapito di una sorte che lo vorrebbe fallito –, sono un modo per raccontare un mondo in transizione, dal potere coloniale all’indipendenza. E la stessa parabola di Ganesh, che alla vetta del successo adotta un nome inglese e disconosce le proprie radici indiane, ne è una satira. A popolare quel mondo, un cast di personaggi così eccentrici da apparire reali. u
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Questo articolo è uscito sul numero 1573 di Internazionale, a pagina 81. Compra questo numero | Abbonati