L’assenza del digitale nel romanzo contemporaneo fa discutere da tempo. In effetti nella maggior parte dei libri che ho letto quest’anno la tecnologia non c’è e anzi, quando entra nel romanzo, è presentata con toni distopici, quasi non facesse davvero parte del presente, ma fosse qualcosa di estraneo. In Gli straordinari, la realtà come la conosciamo fa capolino a una decina di pagine dall’inizio, nella forma del quartiere dell’Eur, per essere comunque descritta come “un’Atlantide riemersa, l’Antico Egitto di un altro pianeta”. Il resto è un susseguirsi di dinamiche sociali, digitali, lavorative, climatiche tardocapitaliste che tutti conosciamo e che qui sono esasperate nella vita che Nico ed Elsa conducono a margine di pANGEA, una multinazionale che in sostanza aiuta le aziende ad apparire più etiche e sostenibili. Le parti di questo esordio che trovo più riuscite sono quelle che raccontano la transizione: dalla vita pubblica a quella domestica, da un passato nostalgico a un presente sovraffollato, dal desiderio alla performance. Si appesantisce invece negli elenchi che assiepano l’estetica della quotidianità da pANGEA: “Email, call, brief, report, rework, brainstorming”; “core values, home sharing, climate tech, obsolescenza programmata”. Edoardo Vitale compone un romanzo lineare, che accende l’interesse sul futuro del nostro presente. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1582 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati