Di alcuni libri basta l’incipit per dire che sono belli. L’esordio di Rosanna Turone si distingue con il suo stile incalzante, con le frasi ironiche che si lasciano e si riprendono con le stesse parole. Santa è cresciuta in una camerata tutta azzurra, sotto la scritta Benvenuto Santo, perché i suoi genitori si aspettavano un maschio. Sua sorella si chiama Beatamaria e la madre Sapienza (“a noi i nomi ci hanno rovinato”). Sogna da sempre di andarsene dal suo paesino calabro davanti al mare, e quando se ne va lo fa con un uomo, Gianni, che è un buon motivo per andarsene, almeno agli occhi degli altri. Finisce in un paese del Piemonte dove non c’è nulla, e allora si perde a guardare il figlio Tommaso, mentre l’uomo con cui è partita riempie di buchi i muri di casa nei suoi scatti violenti, costringendola ad appendere quadri per nascondere quell’odio. Alla fine riesce a lasciare Gianni, e tutti in paese dicono che è un peccato. Ma un peccato per chi? Se una donna decide di farcela da sola, se pensa di non aver bisogno di un uomo, c’è qualcosa che non funziona. La scrittura di Turone è diretta ed efficace nel descrivere una donna che vuole l’amore senza condizioni, che non si aspetta d’innamorarsi e di restare incinta di nuovo. Amare o essere amati: è meglio essere soggetto o oggetto d’amore? Nel dubbio, “acqua alle papere”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1583 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati