Nell’ultimo volume della sua Trilogia della città di Parigi (Bompiani), Virginie Despentes raccontava la solidarietà intorno a Vernon, ex proprietario di un negozio di dischi finito per strada. Meglio ancora: una specie di comune, che si rifugia nel quartiere parigino di Buttes-Chaumont. Una rete d’amicizia, unica resistenza a un mondo capitalista e disumano.
Non lo si ripeterà mai abbastanza: l’amicizia come virtù e come unica valvola di sfogo, è al centro dell’opera di Despentes fin da Scopami (Fandango), il suo primo romanzo su due ragazze unite per lottare contro la violenza maschile, non ancora comunemente chiamata patriarcato. In quasi trent’anni il potere delle parole, del dialogo, ha sostituito la violenza delle azioni. E l’amicizia, che salva e rende migliori, non è più tra due donne.
Epistolare contemporaneo
In Caro stronzo (Fandango) Despentes ha trovato ancora una volta una forma sorprendente per mettere in scena tutte le fasi del dialogo, di una parola sempre più liberata e quindi che libera: ha rispolverato il romanzo epistolare e lo ha reso furiosamente contemporaneo. Non solo per i temi affrontati: i rapporti uomo-donna dopo il MeToo, il femminismo, le dipendenze, i social network e l’odio che scatenano, i traumi di una violenza sessuale, la pandemia, l’ultraliberismo eccetera. Ma anche attraverso il linguaggio, a seconda dei casi brutale, diretto, morbido, crudo, ritmico, poetico come il miglior rap.
Tra i due protagonisti comincia male. Oscar, scrittore di successo in crisi, scrive un post su Rebecca, attrice di culto degli anni ottanta e bomba sexy che ha lavorato con i più grandi: “Incrociato Rebecca Latté, a Parigi. […] Metafora tragica di un’epoca che va a puttane – questa donna sublime che ha iniziato tanti adolescenti a quel che fu il fascino della seduzione femminile al suo apogeo – oggi ridotta a una cozza simile. Non solo vecchia. Grossa, sciatta, una pelle schifosa, e questo personaggio di donna sporca, chiassosa. Il tracollo. Mi hanno detto che si è convertita in musa per le giovani femministe. L’internazionale delle pezzenti ha colpito ancora”.
“Caro stronzo”, gli risponde Rebecca, augurandogli di vedere i suoi figli morire sotto i suoi occhi, perché “scommetto che hai dei figli. Uno come te si riproduce, immagina se la stirpe finisse. Le persone, ho notato, più sono stupide e sinistramente inutili più si sentono di dover garantire la discendenza”. Si può respirare: è Despentes alla massima potenza. Niente peli sulla lingua, uno stile di scrittura che ribalta i luoghi comuni e, molto presto, un’enorme ventata di umanità. Perché queste due persone, apparentemente lontane da ogni punto di vista, separate anche e soprattutto dall’epoca in cui vivono – un uomo e una donna, in altre parole, un carnefice e una vittima designati – come possono andare d’accordo? E invece dall’immancabile sincerità reciproca, come un tacito patto, nascerà un dialogo.
Entrambi hanno cinquant’anni, sono dipendenti dalle droghe e dall’alcol, hanno visto i loro ideali sciogliersi come neve al sole nel corso dei decenni e si ritrovano soli in un’epoca ferita. E presto scopriremo che si conoscono fin dall’infanzia trascorsa nei quartieri di Nancy.
Rebecca era la migliore amica della sorella maggiore di Oscar, Corinne, che dichiarandosi lesbica si è liberata dalla sua famiglia e dalle sue origini, mostrando tra l’altro al fratellino – che sogna di diventare giornalista – che è possibile liberarsi, reinventarsi. Rebecca, invece, è scappata a Parigi da adolescente, sfuggendo a sua volta a una famiglia soffocante. Entrambi hanno conosciuto la celebrità e poi l’hanno persa. Entrambi, nel corso degli anni, hanno vissuto un cambiamento di classe sociale, di status, di generazione, di paradigma ideologico, perfino di corpo.
Rebecca è ingrassata, nessuno la vuole più, comprese le donne; Oscar è accusato di molestie sul blog dell’attivista Zoé Katana, ufficio stampa del suo editore, perché ci ha provato con lei in maniera pesante, e diventa così un bersaglio delle femministe. Despentes decide di inserire alcuni post del blog di Katana tra le email dei due protagonisti, dando così voce anche a lei.
Molto rapidamente questi due solitari, ancora più isolati dalla pandemia, si aiuteranno a vicenda. Oscar, che ha deciso di smettere di bere e drogarsi, partecipa alle sedute dei Narcotici anonimi e coinvolge Rebecca, che si fa di eroina da quando aveva diciassette anni. Lei, invece, permetterà a Oscar di uscire dai cliché maschilisti in cui è rimasto intrappolato, di capire Zoé e la sua reazione, di scusarsi e di fare il possibile per recuperare.
Oltre i personaggi
Il romanzo epistolare ha segnato la letteratura del settecento con il capolavoro di Choderlos de Laclos, e Virginie Despentes ha indiscutibilmente firmato un controcanto delle Relazioni pericolose. A differenza di Valmont e Merteuil, che moltiplicano le maschere per giocare meglio una partita che oppone i sessi sulla crudele scacchiera della società, Oscar e Rebecca gettano le loro, depongono le armi per andare l’uno verso l’altra e aiutarsi, con un’umanità che è più forte di qualsiasi identità, sociale o di genere. Per Despentes la posta in gioco in queste email è la confessione, altro genere popolare nel settecento, come unico mezzo di redenzione, poiché ci porta fuori da noi stessi, eliminando ogni chiusura e ogni pregiudizio. La confessione è quindi un terreno privilegiato per riappropriarsi del proprio io in tutte le sue sfumature e in tutti i suoi paradossi, e confrontarlo con quello dell’altro. Dire io significa liberare la parola da ogni rigidità identitaria tanto cara al nostro tempo.
È difficile non sentire la scrittrice parlare con la voce di Oscar. Sono tanti i passaggi, molti dei quali da antologia, in cui sentiamo che non è solo un personaggio. Il messaggio è quello di un umanesimo salutare e galvanizzante, a partire dalla sua stessa forma: in questo doppio io, maschile e femminile, dispiegato in Caro stronzo, si esprime il rifiuto del binarismo, di ogni semplificazione riduttiva, e il desiderio di un dualismo riconciliato.
Al di là del dialogo, è davvero una sola e unica confessione quella che si può leggere in questo testo ricco, brillante, divertente e commovente. È l’opera di una figlia del nostro secolo le cui illusioni svanite non hanno lasciato spazio all’amarezza o all’odio per gli altri, ma a un’immensa generosità. Caro stronzo è una potente dichiarazione di Virginie Despentes sui tempi, sul mondo, sul passare del tempo, sugli ideali perduti, disprezzati dai potenti, e su ciò che resta: l’amicizia, lo scambio, la parola, la comunicazione. E il loro amplificatore, quando è così riuscita: la letteratura. ◆ ff
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Questo articolo è uscito sul numero 1510 di Internazionale, a pagina 75. Compra questo numero | Abbonati