Lina Attalah (direttrice del sito indipendente egiziano Mada Masr) e le giornaliste Rana Mamdouh, Sara Seif Eddin e Beesan Kassab sono state interrogate il 7 settembre dalla procura del Cairo con l’accusa di diffondere “informazioni false”. Tutte e quattro sono state rilasciate su cauzione la sera stessa, ma restano indagate per “diffamazione”, “molestie online” e “diffusione di informazioni false per destabilizzare il paese”. Erano state denunciate da vari esponenti del partito Futuro della nazione, vicino al presidente Abdel Fattah al Sisi, dopo che una newsletter pubblicata sul sito li associava a gravi illeciti finanziari. Attalah è anche accusata di dirigere un sito senza autorizzazione. In un articolo la redazione di Mada Masr spiega di aver cercato invano di ottenere la licenza dal 2018, quando è entrata in vigore una nuova legge che regola i mezzi d’informazione. ◆
Mada Masr nel mirino
Accordo a rischio con l’Iran
Il 10 settembre Francia, Germania e Regno Unito hanno pubblicato un comunicato esprimendo “seri dubbi” sulla volontà iraniana di ripristinare l’accordo sul nucleare. Teheran ha definito il documento “non costruttivo”. L’ultimo giro di negoziati è considerato dall’Europa “l’offerta finale” per trovare un accordo, spiega Al Monitor. Ma i colloqui si sono bloccati per la richiesta dell’Iran di maggiori garanzie in caso di un eventuale ritiro degli Stati Uniti. Teheran chiede anche la chiusura delle indagini dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) su tracce di uranio trovate in tre siti iraniani non dichiarati.
I ribelli accettano i colloqui
Dopo una ripresa frenetica delle attività diplomatiche, scrive Al Jazeera, il Fronte popolare di liberazione del Tigrai ha detto l’11 settembre di voler partecipare ai colloqui di pace con il governo etiope promossi dall’Unione africana. Il 13 settembre un raid governativo su Mekelle, capoluogo del Tigrai, ha colpito il campus dell’università.
Cresce la rabbia
In Tunisia c’è penuria di zucchero, burro, carburanti, acqua minerale, e presto scarseggeranno anche latte e pane. Per questo, spiega Al Araby al Jadid, il clima nel paese è sempre più teso e le proteste notturne agitano alcuni centri urbani e quartieri popolari intorno alla capitale Tunisi. In alcuni ambienti intellettuali e politici si è diffusa la convinzione che le condizioni economiche e sociali siano peggiorate dopo che il presidente Kais Saied ha concentrato tutti i poteri su di sé. “L’autunno della rabbia sta arrivando in Tunisia”, commenta il giornale. Il 10 agosto l’agenzia tunisina Tap ha fatto sapere che almeno dodici persone hanno perso la vita in un naufragio avvenuto pochi giorni prima al largo di Mahdia. Negli stessi giorni le autorità tunisine avevano intercettato altre imbarcazioni con a bordo circa cinquecento migranti.
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