Africa e Medio Oriente

Bombe e diplomazia

Gaza, 7 luglio 2024 (Abed Rahim Khatib, picture alliance/Getty)

◆ Il 9 luglio 2024 un bombardamento israeliano ha colpito una scuola che ospitava degli sfollati a Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, uccidendo 29 persone. È la quarta scuola a essere colpita in quattro giorni, scrive Al Jazeera. Il 6 luglio sedici persone erano morte nel bombardamento di una scuola gestita dall’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati palestinesi, nel campo profughi di Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza, dove sono radunati migliaia di sfollati. Secondo l’esercito israeliano “diversi terroristi” si erano nascosti nell’edificio. Si è intensificata l’offensiva israeliana a Gaza e il 10 luglio l’esercito israeliano ha ordinato agli abitanti di lasciare la città e andare verso sud. I militari hanno imposto anche l’evacuazione di due ospedali della città. Il ministero della salute di Hamas ha pubblicato un nuovo bilancio di 38.295 morti e 88.241 feriti nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023.

◆Dopo mesi di stallo sono stati rilanciati i negoziati per un accordo su un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e la liberazione degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Al Jazeera spiega che l’ultima proposta sul tavolo è un piano in tre fasi presentato settimane fa dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden. I colloqui hanno fatto un passo avanti dopo che Hamas ha rinunciato alla condizione di un cessate il fuoco permanente per negoziare la seconda fase. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si era detto favorevole a una sospensione temporanea dei combattimenti, ma aveva ribadito la sua decisione a non fermare le ostilità finché Tel Aviv non avrà raggiunto tutti i suoi obiettivi, cioè la distruzione di Hamas e la liberazione di tutti gli ostaggi. Il 6 e il 7 luglio migliaia di israeliani sono scesi di nuovo in piazza in diverse città del paese per chiedere al governo di accettare un accordo che porti alla liberazione degli ostaggi. ◆

Un presidente riformista

Majid Saeedi, Getty

Il candidato riformista Masoud Pezeshkian ( nella foto ), favorevole a una maggiore apertura verso l’occidente, ha vinto il secondo turno delle presidenziali iraniane il 5 luglio. Con sedici milioni di voti ha battuto l’ultraconservatore Said Jalili, che si è fermato a tredici milioni. La partecipazione, che al primo turno era stata del 40 per cento, la più bassa nella storia della Repubblica islamica, al secondo è salita al 49,8. Nato 69 anni fa a Mahabad, una città della provincia dell’Azerbaigian occidentale, dal 2008 Pezeshkian è deputato della città di Tabriz, nell’Iran nordoccidentale. Secondo il quotidiano Hamshahri ha ottenuto consensi soprattutto tra le minoranze delle regioni iraniane del Kurdistan, del Belucistan e nelle province sunnite. Pezeshkian è più tollerante sul piano sociale e in parlamento si è fatto notare per le sue critiche alle autorità, in particolare durante le proteste scoppiate nel settembre 2022. In un commento pubblicato sul quotidiano Etemad, il sociologo Mohammad Fazeli si augura che il nuovo presidente sarà in grado di ascoltare e rappresentare anche le voci di chi non è andato a votare e di parlare “delle sfide concrete che il suo governo si trova di fronte”.

Integrazione da difendere

Amaury Cornu, Hans Lucas/Afp/Getty

Prima che in Nigeria si riunisse il vertice della Comunità economica e di sviluppo degli stati dell’Africa occidentale (Cédéao/Ecowas), il 6 luglio si erano incontrati a Niamey i leader golpisti di Mali, Burkina Faso e Niger, che avevano deciso di creare una loro confederazione, l’Alleanza degli stati del Sahel (Aes). È stato un gesto di netta rottura con l’organizzazione regionale, da cui erano stati sospesi. La Cédéao, però, non si rassegna, scrive il giornale senegalese Le Quotidien: ha incaricato i presidenti del Senegal, Bassirou Diomaye Faye ( nella foto ), e del Togo Faure Gnassing­bé, di aprire un dialogo con quei tre paesi. La loro uscita dalla Cédéao avrebbe ricadute sulla libertà di circolazione delle persone e delle merci.

Rdc Dall’inizio di luglio nell’est del paese almeno cinquanta soldati congolesi sono stati condannati a morte da corti marziali, con vari tipi di accuse tra cui quella di essere “fuggiti davanti al nemico” nei combattimenti contro i ribelli del movimento M23. Secondo i procuratori militari, le condanne servirebbero a convincere i soldati a non disertare. Un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato l’8 luglio afferma che almeno tremila soldati ruandesi hanno combattuto al fianco dei ribelli dell’M23, che avrebbero ricevuto sostegno anche dai soldati ugandesi.

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1571 - 12 luglio 2024
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