All’alba del 27 novembre è entrato in vigore in Libano l’accordo di cessate il fuoco tra Israele ed Hezbollah. L’esercito israeliano ha sessanta giorni per lasciare il Libano ed Hezbollah deve ritirarsi dalle zone di confine con Israele per essere sostituito dall’esercito libanese. Il giorno prima della tregua gli israeliani hanno bombardato i sobborghi meridionali di Beirut, mentre Hezbollah ha affermato di aver condotto un attacco con i droni in Israele. Secondo il ministero della salute libanese, 3.823 persone sono state uccise nel paese dall’ottobre 2023, la maggior parte delle quali a partire dal settembre 2024. ◆
Occhi puntati sulle donne
Durante una visita in Sudan il 25 novembre, il capo degli affari umanitari delle Nazioni Unite Tom Fletcher ha lanciato l’allarme per l’“epidemia di violenze sessuali” nella guerra civile in corso tra l’esercito e i paramilitari delle Forze di supporto rapido, scrive The New Arab. A ottobre una missione dell’Onu aveva riscontrato “violenze sessuali su scala sconcertante”, tra cui “stupri, sfruttamento e sequestri per scopi sessuali, m a trimoni forzati e traffico di persone”. Particolarmente colpite sono le donne delle comunità non arabe del Darfur. Nella foto, profughi sudanesi a Renk, in Sud Sudan .
L’oppositore rapito
Il 16 novembre a Nairobi, in Kenya, l’oppositore ugandese Kizza Besigye è stato arrestato e trasferito in un carcere in Uganda, scrive The East African. La moglie Winnie Byanyima aveva denunciato il suo “rapimento” sul social media X. Quattro giorni dopo Besigye è comparso davanti a una corte marziale per rispondere di accuse legate al possesso illegale di armi. Amnesty International ha criticato la preoccupante tendenza del governo ugandese a reprimere l’opposizione con gli arresti arbitrari e le detenzioni illegali.
Solo promesse vuote
Alla conferenza Cop29, che si è conclusa in Azerbaigian il 23 novembre, i negoziatori del sud globale, in particolare quelli africani, sono rimasti delusi: avevano chiesto ai paesi sviluppati 1.300 miliardi di dollari all’anno di aiuti per la transizione climatica da oggi al 2035, ma l’accordo finale ne prevede solo 300 miliardi. L’Africa produce il 3,2 per cento delle emissioni di gas serra globali, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia, ma è colpita in modo sproporzionato dalla crisi climatica. Il sito African Arguments raccoglie alcune voci critiche. Mohamed Adow, direttore dell’organizzazione ambientalista keniana Power shift Africa, sostiene che “la Cop29 è stata un disastro per il mondo in via di sviluppo, un tradimento dei popoli e del pianeta. I leader africani ora devono collaborare per trovare risorse complementari e investire il più possibile sulle energie pulite”. L’attivista del Botswana Thaito Gabaitse denuncia la natura neocoloniale e oppressiva del sistema, da cui arrivano solo promesse vuote. Per Evans Njewa, alto funzionario del Malawi, “sono stati sprecati tre anni di lavoro, durante i quali i paesi meno sviluppati hanno lavorato in buona fede su soluzioni condivise. Ma i paesi ricchi hanno dimostrato di non avere riguardo per i miliardi di persone in prima linea nella lotta contro la crisi climatica”.
Torna la paura nel nord
In Mozambico il 26 novembre era previsto un incontro convocato dal presidente Filipe Nyusi con i candidati alle presidenziali del 9 ottobre per risolvere la crisi postelettorale, ma il leader dell’opposizione Venâncio Mondlane, scappato all’estero, non ha partecipato, scrive Club of Mozambique. Dopo il voto è stato proclamato vincitore Daniel Chapo, del partito al potere Frelimo, ma Mondlane ha denunciato brogli e indetto una serie di proteste che sono state duramente represse dalla polizia, causando almeno 40 morti, tra cui dieci minorenni. Intanto Nyusi, scrive il giornale O País, ha promesso più aiuti agli sfollati della provincia del Cabo Delgado, nel nord, dove sono stati registrati nuovi movimenti dei jihadisti di Al Shabab.
Namibia Il 27 novembre si sono svolte le elezioni presidenziali e legislative. Tra i favoriti, la vicepresidente Netumbo Nandi-Ndaitwah ( nella foto ), del partito al potere Swapo, e Panduleni Itula, leader del movimento Ipc.
Emirati Arabi Uniti Il rabbino Zvi Kogan, dalla doppia cittadinanza d’Israele e della Moldova, è stato trovato morto il 24 novembre ad Al Ain. Le autorità hanno annunciato che i presunti autori dell’omicidio sono tre cittadini uzbechi, poi arrestati in Turchia. Kogan apparteneva al movimento ultraortodosso Chabad Lubavitch.
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