Dopo quello che ha visto, probabilmente Wendy Vera non ha dormito per diverse notti. Il bambino era arrivato in biblioteca scendendo da una baracca sulla montagna. Aveva lo sguardo triste. Wendy gli ha chiesto se poteva aiutarlo. Lui ha spiegato che la sua mamma piangeva tutto il giorno e che lui non sapeva cosa fare. Wendy gli ha proposto d’invitare la madre in biblioteca, ma il bambino ha detto che era impossibile. Con gli occhi pieni di lacrime e la voce spezzata, ha chiesto alla bibliotecaria di salire sulla montagna per parlare con lei. E le ha chiesto un altro favore: di portarle un libro.
A Medellín dicono che vivere nel quartiere di La Cruz è come vivere alla fine del mondo. Ma ci sono famiglie che stanno ancora più in alto, ancora più lontano, sulla cima di una montagna dimenticata da tutti. Wendy ha promesso al bambino di accompagnarlo a casa a metà pomeriggio.
Alle tre in punto lui si è ripresentato, sorrideva e aveva gli occhi svegli. Wendy pensava che ci avrebbero messo un quarto d’ora a piedi per arrivare alla baracca. Non aveva tenuto conto delle vertigini. Hanno imboccato un sentiero dove poteva passare a malapena una persona. Hanno camminato sull’orlo di un precipizio che avrebbe fatto tremare anche gli escursionisti più coraggiosi. Ma il bambino andava spedito, senza paura. Arrivati di fronte alla baracca, Wendy ha intuito la disgrazia della madre ancor prima di entrare. La donna era sdraiata a letto. La sua prima reazione è stata quella di coprirsi con un lenzuolo. Aveva il volto e una parte del corpo bruciati. Anche le mani erano ustionate. Il suo compagno, in un attacco di gelosia, le aveva dato fuoco. La voleva solo per lui. La madre si sentiva molto brutta. Inutile. Pensava di fare paura. Ha raccontato tutte queste cose a Wendy. L’ultima cosa che voleva era uscire da quella baracca di legno e farsi vedere. Hanno pianto insieme: Wendy, la madre e il bambino. Poi Wendy ha tirato fuori un libro e ha cominciato a leggerle un racconto.
Wendy Vera ha imparato a leggere e a scrivere in biblioteca quando aveva sei anni. Un giorno sua madre, che era preoccupata perché sua figlia aveva difficoltà di apprendimento, la portò nella biblioteca del quartiere El Raizal, nella Comuna 13 di Medellín. Wendy, come la bambina del racconto di Peter Pan, trovò nei libri delle ali per volare. A sei anni imparò che ogni libro è un universo. Ogni giorno non vedeva l’ora di uscire da scuola per pranzare di corsa e poi correre in quel posto pieno di racconti.
Cominciò con la letteratura, poi arrivarono i giochi, i corsi, il cineforum e tante attività che hanno formato non solo il suo carattere, ma anche il modo di vedere la vita. Molti pensano che una biblioteca significhi solo libri, silenzio e lettura, ma alla fine degli anni novanta le biblioteche cominciarono a organizzare attività più attraenti per sviluppare le capacità di ogni individuo. La mamma di Wendy lo capì il giorno in cui la bambina tornò a casa chiedendole di cambiare scuola perché in quella che frequentava erano così indietro da farla preoccupare. Stava esercitando il senso critico senza saperlo. O forse lo sapeva.
Nella biblioteca di El Raizal dovettero mettere un campanello per avvisare Wendy quando era ora di tornare a casa. Neanche la polizia riusciva a tirarla fuori da lì. Un giorno le fecero uno scherzo: suonarono il campanello, ma lei non voleva uscire. Arrivò un poliziotto e le disse che l’avrebbe arrestata per non aver seguito le regole. Lei non ci credette. Tutti scoppiarono a ridere, ma le dissero che la volta successiva sarebbe andata così. Wendy pianse, ma dovette accettare.
Nuovi orizzonti
Wendy in seguito si trasferì alla scuola José Roberto Vásquez, che era più esigente e offriva anche un’educazione tecnica. Passare i pomeriggi alla biblioteca di El Raizal a divertirsi e a imparare stava dando frutti anche a scuola: la bambina non restò mai indietro con i compiti e non fu mai rimandata in nessuna materia. Navigava in silenzio come Tolomeo, che nel secondo secolo avanti Cristo sapeva già che la terra era rotonda. Il passaggio da bambina a donna non fu solo fisico: la sua mente aveva sete di nuovi orizzonti.
Hanno fatto un salto nel vuoto. Hanno affittato una casa per duecentomila pesos al mese, pagati di tasca propria. E ci hanno portato i loro libri
Wendy capì come sarebbe stata la sua vita il giorno in cui lesse un libro per adolescenti intitolato La bibliotecaria rapita. Grazie al suo atteggiamento e a nuovi gusti riuscì a organizzare un gruppo di lettura, un cineforum e perfino a progettare una biblioteca itinerante. Voleva portarla per strada e trovare nuovi lettori. Aveva quindici anni quando, insieme ai compagni di scuola, andò in visita all’università Eafit. Sulla strada che la portava da Manrique Oriental fino alla sede di quell’istituzione a cui sembrava che avessero accesso solo i ricchi, lei non disse una parola. Le mancò l’aria per parlare quando vide l’ingresso in stile moderno dell’università. Ma il vuoto nello stomaco arrivò girando per il campus e ascoltando le storie degli ex studenti. “Anch’io voglio studiare qui”, disse.
Non era per niente facile. Nel 2013 le tasse per un semestre ammontavano a circa sette milioni di pesos. Con quei soldi la famiglia di Wendy pagava per un anno la spesa, i trasporti pubblici e l’affitto. Ma lei non si sarebbe fatta sfuggire l’opportunità. L’Universidad Eafit aveva pubblicato un bando, invitando i cento migliori studenti di Medellín a partecipare a una selezione per aggiudicarsi tredici borse di studio. La scuola José Roberto Vásquez aveva mandato i suoi tre studenti più brillanti. Tra di loro c’era Vera.
Il giorno in cui visitò l’università era per la prima prova della selezione, che superarono in trenta. Il passaggio successivo fu molto più lungo e complesso: tre mesi di lezioni preparatorie, il sabato. Wendy superò gli esami e ottenne la borsa di studio. La sua gioia era paragonabile solo a quella di Cleopatra il giorno in cui, invece di gioielli o castelli, ricevette da Marco Antonio duecentomila libri per la sua biblioteca, la biblioteca di Alessandria.
Strada ripida
Wendy Vera però aveva un problema. Come avrebbe pagato le altre spese? Quell’anno, il 2013, quarantacinque studenti (delle università pubbliche e private) su cento abbandonarono gli studi per mancanza di soldi. Gli investimenti statali per l’istruzione superavano di poco quelli militari.
Nella biblioteca di El Raizal la ragazza di Manrique aveva cominciato a organizzare laboratori in cui veniva pagata. Così riuscì a coprire almeno le spese per i trasporti e arrivare puntuale ogni mattina all’università. Non potendo seguire i corsi di letteratura, scelse psicologia. Sapeva che le questioni sociali l’avrebbero appassionata. E poi c’era chi aveva bisogno del suo aiuto. Spesso le mancava il tempo, per cui decise di lasciare la biblioteca di El Raizal per lavorare in quella dell’università. La presero non appena videro il suo curriculum.
In un paio di semestri riuscì a far quadrare i conti, perché aveva cominciato a lavorare anche come tutor per le lezioni di statistica. L’università la pagava in contanti. L’organizzazione studentesca le dava buoni pasto per la mensa e pacchi di fotocopie. Vera non si è mai fatta strappare di mano il suo regalo.
Il corso di laurea prevedeva un tirocinio. L’aspetto sociale della psicologia era quello che la interessava di più, ma i tirocini pagati in quell’area erano pochi. Si disse che non le importava: avrebbe cercato un posto in cui aiutare una comunità con le sue conoscenze, anche senza essere pagata.
Ma a quel punto il destino le ha giocato un brutto scherzo. Quando stava cominciando a cercare un tirocinio, il fratello, che sosteneva la famiglia, è morto all’improvviso. Non c’è stato neanche il tempo di portare il lutto. Wendy ha dovuto scegliere un tirocinio pagato in psicologia del lavoro e delle organizzazioni. Non era quello che avrebbe voluto fare, ma era un apprendistato pagato, e lei doveva contribuire alle spese di casa.
Un paio di mesi dopo, ha ricevuto la notizia che tanto aspettava. Un’amica dell’università le ha detto che stavano cercando volontari per lavorare nel quartiere di La Cruz. Le si sono illuminati gli occhi, e sono riaffiorati i ricordi. Wendy aveva già percorso quella strada. Ricordava che La Cruz aveva una sola via d’accesso: una via così ripida e stretta che le macchine riuscivano a percorrerla a fatica.
Valigie piene
Wendy ha pensato di costruire una biblioteca nel quartiere La Cruz e ha pensato che anche Yesica Mazo, una frequentatrice abituale della biblioteca di El Raizal, poteva essere interessata a partecipare a quel progetto. Mazo ha accettato subito la proposta. Hanno cominciato con il poco che avevano.
Ogni sabato salivano verso La Cruz: non importava se erano stanche, ci arrivavano sempre con due valigie piene di libri. Li tiravano fuori a un angolo di strada e invitavano i bambini ad ascoltarle mentre li leggevano. Davano in prestito alcuni volumi, ma segnavano il nome di chi li prendeva su un quaderno per farseli restituire. Così è cominciato il progetto Sueños de papel, sogni di carta.
Wendy Vera e Yesica Mazo volevano che gli abitanti di La Cruz considerassero la biblioteca come un loro patrimonio. Gestivano una biblioteca itinerante, ma volevano avere un nido. Un abitante del quartiere ha messo a disposizione il suo salotto, ma c’era un pitbull che, per quanto adorabile, teneva la gente lontana.
Allora Yesica e Wendy hanno fatto un salto nel vuoto. Hanno affittato una casa per duecentomila pesos al mese, pagati di tasca propria, e ci hanno portato i loro libri. Una persona ha regalato degli scaffali e le ragazze hanno cominciato a organizzare la biblioteca. Sembra che Aristotele sia stato il primo a organizzare una biblioteca suddivisa per autori e argomenti. Yesica e Wendy venivano da quella scuola.
◆ 1995 Nasce a Medellín, in Colombia.
◆ 2001 Impara a leggere e a scrivere nella biblioteca del quartiere di El Raizal.
◆ 2013 S’iscrive all’università Eafit grazie a una borsa di studio e frequenta la facoltà di psicologia.
◆ 2018 Fonda la prima biblioteca pubblica nel quartiere di La Cruz.
Hanno tappezzato di volantini il quartiere, li hanno distribuiti porta a porta, e con il megafono in mano hanno annunciato che La Cruz aveva una biblioteca. Hanno parlato con i bambini e con i genitori per chiedergli di visitarla. Non dovevano avere paura: la cosa peggiore che poteva succedergli era di diventare scrittori, pittori, cantanti, ballerini, registi, attori oppure imprenditori.
Il primo giorno si sono presentati trenta bambini e bambine, con l’entusiasmo di chi va alla scoperta di un nuovo pianeta. I primi libri a riempire gli scaffali sono stati quelli di Agatha Christie, Edgar Allan Poe, G.K. Chesterton e Arthur Conan Doyle. Erano quasi tutti romanzi gialli, perché era il genere preferito di Yesica e Wendy. Più tardi, grazie alle donazioni di amici, sono arrivati altri libri, anche se i più difficili da recuperare sono stati quelli per bambini: sono i più costosi.
La biblioteca dell’università Eafit ha dato il suo contributo e ha comprato altri scaffali. Lo stesso ha fatto e continua a fare la fondazione di Medellín Ratón de biblioteca, topo di biblioteca. E poi è arrivata l’associazione Comfama, che ha dato un aiuto importante, quasi quanto quello di Tolomeo alla biblioteca di Alessandria. È probabile che oggi sugli scaffali della biblioteca ci siano più di mille volumi. Dev’essere cominciata così la biblioteca del congresso degli Stati Uniti, la più grande al mondo. Perché non sognare?
Lettere di carbone
Nei mesi più critici della pandemia sono state costrette a chiudere. La mancanza di risorse le ha messe in ginocchio. E poi esporre i bambini e gli adolescenti al virus sarebbe stato da irresponsabili. Hanno messo tutto in una sala della giunta comunale fino all’inizio del 2021, quando sono riuscite ad affittare un’altra casa.
La casa ha tre vani. La sala di letteratura per i più piccoli si chiama Letras al carbón, lettere di carbone, come un libro di Irene Vasco. Anche lei gestisce una biblioteca comunitaria. La sala per i ragazzi si chiama Cuore d’inchiostro, come il romanzo di Cornelia Funke. E quella per le donne si chiama Noi che ci vogliamo così bene, come il romanzo della cilena Marcela Serrano. Perché tutte le donne che vanno nella biblioteca si vogliono bene.
Tutti alla fiera
Ovviamente per mantenersi Mazo e Vera devono fare anche altri lavori. Per questo hanno orari specifici e altre collaboratrici: il martedì dalle dieci alle cinque c’è Daniela Monsalve, che guida dei laboratori contro la violenza e sull’empowerment femminile. Il mercoledì e il venerdì, dalle nove alle quattro, c’è un progetto del comune di Medellín. Il sabato e la domenica Yesica e Wendy organizzano dei laboratori per il quartiere.
Nel 2o20 hanno vinto un bando per promuovere la collaborazione tra biblioteche comunitarie. Così hanno comprato altri libri, hanno pagato chi organizza i laboratori e hanno un po’ di risorse per la cartoleria e i trasporti. Hanno anche vinto un altro progetto contro la violenza, con cui sono riuscite a espandersi in un quartiere simile a La Cruz, che si chiama La Honda. Lettera dopo lettera, libro dopo libro, film dopo film, lezione dopo lezione, oggi ci sono più di duecento bambini e adolescenti che stanno imparando con loro.
Wendy Vera, Yesica Mazo, Daniela Monsalve e Valentina Ruíz sono tornate sul fianco della montagna su cui viveva quel bambino con la madre ustionata. Con l’aiuto di altre trenta organizzazioni della città hanno organizzato un evento lì. Hanno trasportato libri, adattato spazi per i laboratori e convinto gli scrittori locali a parlare dei loro romanzi. La gente era contenta. Avevano fatto salire la biblioteca in alto.
A un certo punto le hanno chiamate in disparte. Un ragazzo del posto ha detto di essere preoccupato per loro. Qualche minuto prima avevano mandato un messaggero del gruppo criminale che controlla la zona. Volevano sapere a chi avessero chiesto il permesso per organizzare un evento come quello. Tutto quello che si faceva nelle zone in cui lo stato è assente doveva essere fatto chiedendo il permesso a loro.
Ma Wendy e le sue colleghe non ci hanno pensato due volte. Non hanno neanche voluto parlare con il leader di quella banda. Gli hanno mandato a dire che li aspettavano tutti all’evento, per leggergli un racconto. ◆ fr
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1433 di Internazionale, a pagina 74. Compra questo numero | Abbonati