I gruppi online in cui si parla di una “caccia all’ebreo”, nella stessa settimana in cui si commemora la notte dei cristalli (quella tra il 9 e il 10 novembre 1938, quando in Germania furono distrutti centinaia di edifici, scuole, sinagoghe e negozi appartenenti a ebrei), sono una vergogna per Amsterdam, una città la cui identità è stata formata dalle sue comunità ebraiche. Ma noi che ci abitiamo non possiamo far finta che i tifosi del Maccabi fossero turisti innocenti in gita nella nostra Mokum (il termine yiddish per riferirsi ad Amsterdam). Mettersi dalla parte degli hooligan del Maccabi è tutto fuorché kasher.

Prima delle aggressioni ai tifosi, sui social media sono state diffuse immagini di grandi gruppi di giovani vestiti di gialloblu, i colori della squadra israeliana, che scandivano cori inneggianti al genocidio: “Arabi vaffanculo, l’esercito israeliano finirà il suo lavoro” e altri slogan di questo tenore. Per chiarezza: si riferivano al genocidio che l’esercito israeliano sta commettendo a Gaza, proprio in questo momento. Il “lavoro” di cui cantavano questi giovanotti in forma smagliante è in atto dal 7 ottobre 2023 ed è costato la vita a 45mila persone, di cui la gran parte (70 per cento) sono donne e bambini, secondo le Nazioni Unite.

“A Gaza le scuole sono chiuse, perché non ci sono più bambini!”, hanno gridato allegramente in coro i tifosi del Maccabi mentre entravano in massa nella stazione della metropolitana. Quando ho sentito quella frase mi sono venuti i brividi. Sono cresciuta nel quartiere di Nieuwmarkt, nella zona che fino alla seconda guerra mondiale era il cuore pulsante della comunità ebraica. Alle elementari durante le lezioni c’era molta attenzione per la storia del nostro quartiere: la mia scuola è nata dalla fusione di tre istituti diversi. Dei 544 alunni ebrei che la frequentavano nel settembre 1941, nel maggio 1943 ne erano rimasti solo cinque. Così, due delle tre scuole furono soppresse. Perché non c’erano più bambini.

A lungo mi sono chiesta come sia stato possibile che la gente sia rimasta a guardare senza fare niente mentre milioni di ebrei venivano mandati nelle camere a gas. Ma il silenzio con cui i mezzi d’informazione e la società olandesi hanno accolto le macabre frasi pronunciate dai tifosi del Maccabi (tra cui ci sono molti ex militari) mi fa dolorosamente capire come, all’epoca, una simile tragedia abbia potuto travolgere il mio quartiere.

Pura vergogna

La grande differenza è che adesso non sono degli ebrei a essere sistematicamente sterminati, ma (in gran parte) dei musulmani arabi; gli stessi arabi che qui, nei Paesi Bassi, devono fare i conti con razzismo ed emarginazione. È inutile proclamare “non abbiamo imparato niente dalla seconda guerra mondiale” per schierarsi contro l’antisemitismo ma allo stesso tempo tollerare l’odio contro i musulmani e il genocidio ai danni dei palestinesi. Perché sono due facce della stessa medaglia.

Il fatto che alcuni olandesi abbiano reagito alla situazione aggredendo delle persone è inammissibile. Come anche il fatto che, durante questa “notte cupa”, gli ebrei abbiano dovuto nascondere i simboli ebraici per sentirsi al sicuro. Ma tutti i tifosi del Maccabi, dopo che è stato scandito quello slogan sui bambini, avrebbero dovuto togliersi la loro sciarpa della squadra e buttarla via. Per la vergogna. ◆ oa

Phaedra Haringsma è una giornalista e scrittrice olandese.

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Questo articolo è uscito sul numero 1589 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati