Ci sono molti modi di stare a guardare mentre Roma brucia. O, come sarebbe più appropriato dire visto il clima di questa stagione, mentre viene sventrata da uragani e tornado, finisce sott’acqua e in alcuni luoghi brucia. Un modo particolarmente dannoso di perder tempo è quello degli uomini convinti che per risolvere i nostri problemi è necessaria una nuova tecnologia straordinaria, che si tratti della geoingegneria, della cattura e del sequestro del carbonio o della fusione nucleare. Ma c’è di peggio.

Di recente a una conferenza sull’intelligenza artificiale a Washington l’ex amministratore delegato di Google, Eric Schmidt, ha dichiarato che “non raggiungeremo comunque gli obiettivi climatici, perché non siamo organizzati per farlo”, e quindi tanto vale andare avanti con l’intelligenza artificiale, che è talmente vorace di energia da aver spinto molte aziende ad abbandonare i loro obiettivi climatici. Schmidt ha poi aggiunto perfino che dovremmo puntare tutto sull’ia perché forse alla fine riuscirà in qualche modo a capire come “risolvere” il problema del clima.

Abbiamo già le soluzioni. E sono progettate sempre meglio, sono più efficienti ed economiche. Ma queste soluzioni non piacciono a molte persone ricche e potenti

Ma “alla fine” non serve a niente. In un articolo pubblicato l’8 ottobre sulla rivista statunitense Bioscience un illustre gruppo di scienziati ha scritto: “Siamo sull’orlo di un disastro climatico irreversibile. Questa è un’emergenza globale. Gran parte della vita sulla Terra è a rischio. Stiamo entrando in una fase nuova, cruciale e imprevedibile della crisi climatica”. Dobbiamo allontanarci da questo precipizio, ma Schmidt invece invita a tuffarcisi dentro, perché quelli come lui sono entusiasti dell’intelligenza artificiale. È come dire che dovremmo gettare in mare le scialuppe di salvataggio e restare sulla nave che affonda perché “alla fine potremmo scoprire un nuovo fantastico tipo di scialuppa che oggi non immaginiamo neanche”.

Noi abbiamo già le soluzioni. E continuano a migliorare, nel senso che sono progettate meglio, sono più efficienti, più economiche. Dobbiamo solo metterle in pratica, ma queste soluzioni non piacciono a molte persone ricche e potenti. Proporre una strategia inesistente è diventata una scusa per non dare sostegno a quelle che ci sono.

“Procrastinazione = negazione” è diventato uno slogan del movimento per il clima alcuni anni fa, e forse a questo bisognerebbe aggiungere “distrazione = negazione”. Mi riferisco all’atteggiamento di chi propone d’ignorare le soluzioni attuali e praticabili a favore di altre irrealizzabili mentre continuiamo a bruciare combustibili fossili.

Ci si potrebbe aspettare che Schmidt, con un patrimonio di circa 23 miliardi di dollari (circa 21 milioni di euro), fosse disposto a dedicare una parte del suo tempo e delle sue risorse a far raggiungere gli obiettivi climatici, invece di giustificare l’inerzia con il suo sprezzante disfattismo.

Ma in generale i miliardari sono parte del problema, con il loro potere smisurato e il pessimo uso che la maggior parte di loro ne fa. E il loro impatto sul clima è osceno: l’1 per cento più ricco dell’umanità è responsabile di più emissioni di carbonio del 66 per cento più povero.

Scienziati e ingegneri ci dicono da tempo cosa dobbiamo fare e come, e la maggior parte di noi ormai sa bene che è necessario abbandonare i combustibili fossili. Anche proteggere le foreste e altri sistemi naturali, ripensare il modo in cui viviamo, viaggiamo, produciamo e consumiamo ha il suo peso, ma ridurre fino a eliminare l’estrazione e la combustione di fonti fossili è di gran lunga l’aspetto più importante.

Eric Schmidt vive in California, dove quest’anno in molte giornate più del 100 per cento del fabbisogno di elettricità è stato soddisfatto dal sole, dal vento e dall’acqua, accumulando l’eccedenza in immensi sistemi di batterie. Ovviamente non tutto in California funziona con l’elettricità, ma questo è un bella dimostrazione di quanto rapidamente si può espandere un sistema di rinnovabili.

Ho il sospetto, però, che per gli oligarchi della tecnologia la semplicità di queste soluzioni – basate sul fatto che dovremmo ridurre i nostri consumi, in modo da poter produrre meno e realizzare la transizione energetica verso un mondo alimentato da fonti rinnovabili – non rappresenta il genere di fantascienza spettacolare che li entusiasma. Eppure le tecnologie solari ed eoliche sono piuttosto sorprendenti, soprattutto pensando a quanto sono migliorati velocemente gli impianti e a come sono crollati i costi. Si tratta per molti versi di una soluzione sociale, non di una grande invenzione centralizzata super-redditizia per pochi.

Non so se è peggio vivere in un mondo in cui davvero non ci sono soluzioni o in uno in cui esistono ma non le applichiamo come dovremmo. Però so che le soluzioni ci sono. ◆ fdl

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Questo articolo è uscito sul numero 1586 di Internazionale, a pagina 38. Compra questo numero | Abbonati