Sembra che in Canada qualcosa si sia spezzato. Negli ultimi giorni il paese che ha sempre mostrato un certo compiacimento per i propri valori di civiltà e rispetto è scomparso, sostituito da un altro che somiglia molto agli Stati Uniti. Se tempo fa mi avessero raccontato di manifestanti che lasciano le loro feci davanti alle porte degli abitanti di Ottawa, urinano sui marciapiedi in equilibrio sui loro camion o cercano di investire di proposito un poliziotto a cavallo, avrei risposto: “No, in Canada queste cose non succedono”.
E invece oggi la capitale sembra sotto assedio, con la polizia che non riesce a mettere un freno ai camionisti che da due settimane chiedono di cancellare l’obbligo di vaccinarsi contro il covid-19.
Le spaccature create dalla pandemia potrebbero sciogliersi insieme alla neve, ma solo se il paese saprà prendere le contromisure adatte. Il primo ministro Justin Trudeau dovrebbe mettere da parte la retorica aggressiva nei confronti delle persone non vaccinate, perché in questo momento il suo compito è unire il paese, non dividerlo. Le autorità sanitarie dovrebbero allentare le restrizioni, accettando un rischio calcolato sulla riapertura delle scuole e sugli eventi al chiuso. Bisogna continuare a indossare la mascherina, ma la tolleranza per i lockdown sta finendo.
Dibattito nazionale
Il governo dovrebbe lanciare una campagna di vaccinazione porta a porta simile a quella che settant’anni fa permise di sconfiggere la poliomielite. I canadesi hanno vissuto sulle montagne russe e hanno mantenuto una sorprendente tolleranza di fronte a qualcosa che ha cambiato radicalmente la loro vita, ma ora il governo sta rischiando di oltrepassare il limite e inimicarsi la maggioranza della popolazione. Mi ha sorpreso che tra i manifestanti nella capitale ci fossero tanti studenti delle università di Ottawa e Carleton e anche tanti anziani, che dicevano di aver ricevuto tre dosi di vaccino ma di essere dalla parte di chi protesta perché “il governo ci deve restituire le nostre vite”. È stato sconvolgente vedere l’indifferenza degli studenti e degli anziani agli insulti scagliati dai più estremisti verso le persone con le mascherine.
◆ Il 6 febbraio 2022 Jim Watson, sindaco della capitale canadese Ottawa, ha dichiarato lo stato di emergenza in risposta alle grandi proteste contro gli obblighi vaccinali. Le manifestazioni sono guidate dai camionisti, che il 30 gennaio sono arrivati a Ottawa e l’hanno di fatto bloccata. All’inizio chiedevano di cancellare la norma che obbliga i camionisti non vaccinati che rientrano nel paese dagli Stati Uniti a mettersi in quarantena. Ma durante il viaggio verso Ottawa la protesta ha catalizzato un sentimento contro vaccini e restrizioni che è presente anche in altri settori sociali. Le proteste sono rimaste in gran parte pacifiche, ma ci sono stati atti di vandalismo e alcune persone sono state aggredite dai manifestanti. Alcuni commentatori hanno notato la presenza di svastiche e bandiere che inneggiavano all’ex presidente statunitense Donald Trump. Tra i leader della protesta ci sono persone che hanno diffuso online informazioni false sui vaccini e teorie complottiste dell’estrema destra. Watson ha chiesto al governo di mandare altri 1.800 poliziotti. Le proteste hanno anche bloccato alcuni punti della frontiera tra Canada e Stati Uniti, e i governi dei due paesi temono che questa situazione possa fermare gli scambi commerciali e danneggiare l’economia. Bbc
Se i manifestanti fossero stati indigeni o neri la polizia avrebbe cercato subito di disperderli. La disparità evidente di trattamento nei confronti di centinaia di bianchi – che non hanno ricevuto nemmeno una multa per parcheggio in zona vietata – dovrà essere spiegata quando tutto questo sarà finito.
La speranza è che i leader di tutti gli schieramenti e di tutti i settori economici chiedano un ritorno ai valori canadesi: tolleranza e accettazione delle differenze. Quando finalmente anche l’ultima bandiera confederata, l’ultima bandiera di Trump e l’ultima bandiera canadese deturpata da una svastica saranno sparite il paese dovrà aprire un dialogo nazionale sulla ripresa, sulla riconciliazione e sulla ricostruzione. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1447 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati