A prescindere dalle scelte degli Stati Uniti e dalla situazione militare sul campo in Ucraina, da mesi a Bruxelles e nelle capitali europee si discute di come aumentare la spesa per la difesa, quasi fosse un modo come un altro per accelerare l’integrazione.
Ci sono molti ostacoli tecnici e politici all’emissione di debito comune europeo, afferma un recente studio del Center for european reform: chi garantisce il debito? Il bilancio europeo o un nuovo fondo? E quanti paesi hanno un incentivo a investire davvero nella difesa anti-russa?
Mentre prosegue questo dibattito, però, le istituzioni dell’Unione europea si stanno lentamente riconfigurando per sostenere un’economia di guerra o, almeno, un’economia in guerra. E gli strumenti (ognuno con il suo acronimo) sono vari: sostegno alla produzione di munizioni e missili (Asap), acquisti comuni di armi (Edirpa), 17 miliardi di rimborsi agli Stati per aiuti militari all’Ucraina (Epf) e 175 milioni della Banca europea degli investimenti per finanziare piccole e medie imprese militari.
È una trasformazione graduale, ma che sta cambiando la natura dell’Unione europea, nata contro la guerra e priva di poteri per affrontarla. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1588 di Internazionale, a pagina 99. Compra questo numero | Abbonati