Intorno alle 17.15 del 26 marzo un uomo in felpa nera e cappuccio tirato su ha fermato Rumeysa Ozturk, studente della Tufts university, che stava camminando per strada a Somerville, in Massachusetts. Lei ha cercato di scansarlo, ma l’uomo le ha bloccato il passaggio e poi l’ha afferrata. La ragazza ha urlato. Si sono avvicinati altri uomini, non per difenderla ma per aiutare il suo aggressore. Le hanno tolto lo zaino e sequestrato il telefono. L’uomo incappucciato l’ha ammanettata. “Siamo della polizia”, le hanno detto. “Non sembra”, ha risposto un passante. “Perché vi nascondete il volto?”. Tutta la scena è stata ripresa da una telecamera di sicurezza.

Ozturk, cittadina turca con un visto per motivi di studio, è detenuta in un centro dell’Immigration and customs enforcement (Ice, l’agenzia responsabile del controllo delle frontiere) in Louisiana, anche se un giudice ha stabilito che la ragazza deve restare in Massachusetts. Il dipartimento di stato ha annullato il suo visto e l’Ice si sta preparando a espellerla dal paese. L’amministrazione Trump sostiene che Ozturk ha partecipato ad attività “favorevoli ad Hamas”, ma non ha fornito prove di un suo sostegno ai militanti palestinesi (o a qualsiasi altro gruppo terroristico). Nel 2024 la studente ha scritto insieme ad altri, sul giornale studentesco della Tufts, un commento in cui si criticava la guerra di Israele nella Striscia di Gaza, senza mai esprimere posizioni che fanno pensare a un sostegno per Hamas.

Le persone al potere si comportano come se avessero il diritto di colpire chiunque

L’idea che la studente sia stata punita solo per le sue posizioni politiche è stata di fatto confermata dal segretario di stato Marco Rubio, che durante una conferenza stampa, il 28 marzo, ha comunicato che la sua agenzia aveva revocato il visto perché la donna faceva parte di un movimento filopalestinese che aveva creato “confusione” nel campus. “Le abbiamo concesso un visto per studiare e laurearsi, non per diventare un’attivista che distrugge i nostri campus”, ha detto Rubio, continuando a non fornire la minima prova del fatto che Ozturk avesse fatto qualcosa di più grave che firmare un articolo su un giornale. Il segretario di stato Marco Rubio ha detto di aver revocato i visti a “più di trecento” studenti come lei per motivi simili.

L’arresto di Ozturk rivela quello che sta succedendo alla democrazia statunitense. Agenti delle forze dell’ordine in borghese rapiscono un’immigrata regolare, apparentemente per vendicarsi del fatto che abbia espresso la sua opinione, come garantisce il primo emendamento della costituzione degli Stati Uniti. Si tratta di un attacco evidente contro i diritti civili, un’azione che non esiteremmo a definire autoritaria se la vedessimo messa in atto in un altro paese.

Quattro fotogrammi presi dal video che mostra agenti dal volto coperto arrestare la studente Rumeysa Ozturk, il 26 marzo 2025 a Somerville, nel Massachusetts. -
Quattro fotogrammi presi dal video che mostra agenti dal volto coperto arrestare la studente Rumeysa Ozturk, il 26 marzo 2025 a Somerville, nel Massachusetts.

Il caso di Ozturk è solo uno tra tanti. L’arresto di almeno altri sette studenti che hanno manifestato a favore della Palestina, la detenzione prolungata e le violenze inflitte agli immigrati regolari al confine, il trasferimento forzato di centinaia di immigrati venezuelani in una prigione in Salvador: sono tutti abusi evidenti compiuti dal potere federale su gruppi di persone che, per via del loro status giuridico, hanno pochi strumenti legali per difendersi.

Per molto tempo negli Stati Uniti c’è stato il timore che qualcuno potesse usare il potere del governo contro gli oppositori, e ora quella possibilità si sta concretizzando. In questi giorni stiamo assistendo all’applicazione per fini autoritari dei poteri concessi al governo sull’immigrazione. È molto probabile che in futuro le cose possano peggiorare.

Il 26 marzo la rivista Mother Jones ha pubblicato un articolo che spiega come sono stati identificati i migranti venezuelani espulsi dall’amministrazione Trump. L’articolo fa capire quanto sia pericolosa la situazione attuale. I giornalisti Noah Lanard e Isabela Dias hanno intervistato gli amici, le famiglie e i conoscenti di molti uomini trasferiti forzatamente in Salvador, e a quanto pare non hanno trovato nessuna prova della loro affiliazione al gruppo criminale Tren de Aragua. Al contrario, i giornalisti hanno scoperto che i venezuelani erano stati prelevati solo perché avevano dei tatuaggi.

Il caso di Neri Alvarado Borges, fornaio venezuelano che viveva nell’area di Dallas, è emblematico. Nessuna delle persone che lo conosce ha mai pensato che Borges avesse legami con Tren de Aragua, ma in molti hanno riferito che ha un grande tatuaggio raffigurante un nastro, e che è semplicemente un omaggio a suo fratello Nelyerson, un ragazzo di 15 anni con autismo. Borges sostiene che quello e altri due tatuaggi sono l’unica ragione del suo arresto.

Secondo l’articolo di Mother Jones, a confermare il sospetto sarebbe stato proprio un agente dell’Ice, che avrebbe detto a Borges: “Sei qui per i tuoi tatuaggi. Stiamo radunando e interrogando tutti quelli che hanno tatuaggi”.

Una brutta fine

Sul piano della gestione delle forze dell’ordine si tratta di una procedura assurda. Gli esperti che conoscono le attività del Tren de Aragua non credono che esista un modo affidabile per identificare gli affiliati. Altri rapporti sugli errori commessi dall’Ice sono altrettanto surreali: per esempio un giocatore di calcio professionista è stato rinchiuso in un carcere del Salvador perché, ha spiegato il suo avvocato, ha un tatuaggio del Real Madrid.

Ma questo modo di procedere diventa assolutamente sensato se l’obiettivo è quello di imporre il potere in modo autoritario. Il governo ha identificato alcuni gruppi da reprimere – come i migranti venezuelani o gli attivisti filopalestinesi – e sta usando la minaccia delle espulsioni, dei trasferimenti forzati e dei maltrattamenti per controllarli o metterli a tacere. È un comportamento classico dei politici autoritari: servirsi delle forze dell’ordine per punire cittadini rispettosi della legge a causa del gruppo a cui appartengono o delle loro idee. È facile capire perché le persone senza cittadinanza americana sono le più penalizzate in questo momento. In base al sistema legale americano, infatti, hanno meno diritti, quindi è più semplice sottoporle ad azioni brutali.

Ma il trattamento riservato da Trump alle università e ai dipendenti federali dimostra che il presidente potrebbe avere intenzione di colpire arbitrariamente anche i cittadini statunitensi, usando le stesse tattiche adottate contro gli immigrati. Se servisse una prova, basta pensare all’apprezzamento mostrato da tempo da Trump e dai suoi collaboratori per la “de-naturalizzazione”, cioè il processo che permette di togliere la cittadinanza agli statunitensi naturalizzati.

Nel libro Immigration and freedom, uscito nel 2021, il teorico politico Chandran Kukathas sostiene che le norme sull’immigrazione comportano inevitabilmente restrizioni ai diritti di tutti. Il semplice fatto di distinguere tra cittadini e non cittadini per capire chi espellere e chi ha diritto ai benefici garantiti dallo stato, richiede infatti un alto livello di sorveglianza e controllo su tutte le persone che vivono nel paese. In quale altro modo il governo potrebbe distinguere chi vuole colpire e chi risparmiare?

Kukathas si occupa dei sistemi di immigrazione e sottolinea che anche quelli che funzionano meglio prevedono limitazioni della libertà. Ma cosa succede quando un governo cerca di sfruttare il potere che deriva dalla gestione dell’immigrazione in modo arbitrario e con lo scopo di reprimere il dissenso e seminare il terrore? Succede che dal governo arrivano dichiarazioni come quella pronunciata da Stephen Miller, vicecapo dello staff della Casa Bianca e tra i principali consiglieri di Trump in materia di immigrazione: “Cari giudici marxisti, se un criminale entra illegalmente nel nostro paese l’unica ‘procedura’ a cui ha diritto è l’espulsione immediata”.

Con queste parole Miller esprime un evidente disprezzo non solo per il concetto di “giusto processo”, ma anche per l’idea che possano esistere strumenti per vigilare sull’azione dello stato nell’identificare chi dev’essere espulso. Le democrazie prevedono il giusto processo perché nessuno può credere che le forze dell’ordine colpiscano solo i bersagli “giusti”. Le società libere dipendono dal controllo e dai limiti imposti al potere della polizia. In caso contrario la libertà resta solo una parola sulla carta e soggetta ai capricci di chi ha una pistola.

Esprimendo un’ostilità così sfrenata nei confronti di questo concetto, Miller mostra il legame profondo e inquietante tra l’attacco dell’amministrazione ai migranti, la repressione nei confronti dei cittadini statunitensi e il disprezzo per qualsiasi controllo da parte del potere giudiziario.

Le persone al potere oggi negli Stati Uniti si comportano come se avessero il diritto di prendere di mira chiunque vogliano, per qualsiasi motivo e in qualsiasi modo, nella convinzione che chi prova a opporsi è nel migliore dei casi un ribelle e nel peggiore un simpatizzante del terrorismo. In passato abbiamo già notato molte volte queste derive politiche. E non è mai finita bene. ◆ as

Ultime notizie

◆ Il 31 marzo 2025 l’amministrazione Trump ha ammesso di aver espulso per errore Kilmer Armado Abrego Garcia, un cittadino salvadoregno che dal 2019 gode di uno status giuridico protetto. Abrego Garcia vive da anni in Maryland con la moglie e il figlio di cinque anni. Ora è nel carcere salvadoregno di Cecot, la struttura dove sono stati portati molti dei migranti espulsi dagli Stati Uniti nelle ultime settimane. L’amministrazione Trump ha anche detto di non poter riportare Abrego Garcia indietro perché i tribunali statunitensi non hanno giurisdizione ora che l’uomo è sotto la custodia delle autorità salvadoregne.

◆ Il 31 marzo un giudice federale ha bloccato temporaneamente un provvedimento della Casa Bianca che abrogava la protezione umanitaria per centinaia di migliaia di venezuelani. Prima di lasciare il governo il presidente Joe Biden aveva esteso la protezione per 600mila venezuelani fino all’ottobre 2026. Intanto il governo ha espulso diciassette presunti membri di bande criminali verso il Salvador, invocando una legge del 1798 che permette di far arrestare o espellere i cittadini di stati nemici in tempo di guerra.


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Questo articolo è uscito sul numero 1608 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati