Dominica
L’8 dicembre i cittadini dell’isola di Dominica andranno alle urne per scegliere i 21 membri elettivi del parlamento nazionale. I sondaggi indicano una crescita dei consensi per il centrista Partito unito dei lavoratori, attualmente all’opposizione, rendendo incerta la permanenza al potere del Partito laburista, che guida il paese dal 2000. Le elezioni saranno monitorate dall’Organizzazione degli stati americani, che vigileranno sul corretto svolgimento del voto: una scelta presa alla luce delle accuse di brogli da parte delle opposizioni dopo il voto del 2009 e della notizia diffusa negli ultimi giorni di campagna elettorale secondo cui gli elettori registrati eccedono il numero degli abitanti del piccolo paese caraibico.

Giappone
Il 14 dicembre si svolgeranno in Giappone le elezioni anticipate per il rinnovo della camera bassa del parlamento. Sono state convocate dopo la diffusione di dati molto negativi per l’economia giapponese, a cui il premier Shinzō Abe ha reagito con il rinvio dell’aumento della tassa sui consumi, previsto per l’ottobre del 2015, e con lo scioglimento della camera dei rappresentanti per sottoporre al voto degli elettori il giudizio sull’operato del governo. Le elezioni sono viste come un referendum sulla politica economica di Abe che, dopo gli ottimi risultati iniziali, non sembra in grado di mantenere la tendenza positiva. Nonostante le difficoltà, Abe è ancora molto popolare nel paese e i sondaggi prevedono per il suo partito un’ampia vittoria, anche grazie al fatto che l’opposizione è debole e divisa al suo interno.

Mauritius
Il 10 dicembre gli elettori dell’isola Mauritius saranno chiamati alle urne per rinnovare l’assemblea nazionale. La campagna elettorale ha messo a confronto due schieramenti: quello formato dal Partito laburista (Ptr) e dal Movimento militante mauriziano (Mmm), i due principali partiti del paese, e quello guidato dal Movimento socialista militante (Msm) e dal Partito socialdemocratico (Pmsd). Ptr e Mmm, tradizionalmente avversari, hanno stretto un patto elettorale per ottenere un’ampia maggioranza in parlamento con l’obiettivo di promuovere una riforma costituzionale che attribuisca al presidente maggiori poteri, oggi concentrati nelle mani del primo ministro.

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