Non c’è accordo sulla formazione del nuovo governo tra i partiti di destra che, in coalizione, hanno vinto le elezioni in Danimarca. Il leader dei liberali, Lars Lokke Rasmussen, incaricato di formare l’esecutivo, ha confermato le difficoltà di trovare un’intesa con il Partito Popolare danese (Df), euroscettico e xenofobo, che ha trainato la coalizione alla vittoria, aggiudicandosi il risultato migliore di sempre e diventando la seconda formazione più votata, con oltre il 21 per cento dei voti. Nella coalizione c’erano anche due partiti più piccoli, l’Alleanza popolare e i conservatori: anche loro dovrebbero entrare nell’esecutivo.
Ma le distanze sono ampie tra i liberali, moderati, e il più radicale Df, che fa valere il proprio peso sul programma del futuro governo e vuole che in esso si inseriscano misure di respingimento degli immigrati e aumenti di spesa per il welfare.
Il Df aveva sostenuto i governi di destra dal 2001 al 2011, prima dell’arrivo al potere della sinistra. Dopo il risultato storico del 18 giugno, deve ora risolvere un grande dilemma politico: rifiutare alleanze e restare fuori dal governo o entrare nel nuovo esecutivo giungendo a compromessi con partiti che considerano eccessive le spese dello Stato danese.
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