Le donne in politica vengono facilmente etichettate: dalla definizione di despota a quella di mamma nazionale. Tutto quello che fanno alimenta la tentazione dei mezzi d’informazione di infilarle in scatole preconfezionate, che si tratti del loro taglio di capelli, dei vestiti o delle scarpe. Ma la trappola potenzialmente più insidiosa è il loro modo di parlare, che è anche l’attività principale di chi fa politica. Il modo in cui leader come la britannica Theresa May o la tedesca Angela Merkel parlano tra loro e con i loro elettori viene analizzato a fondo. E le insidie emergono a ogni livello, dal tono della voce alla scelta delle parole, dagli argomenti affrontati allo stile delle conversazioni.

L’autorità è generalmente legata alle voci maschili. Uno studio del 2012 ha dimostrato che anche uno slogan politico debole, ma il cui timbro era stato alterato e reso più profondo con la tecnologia digitale, risultava più attraente per gli elettori, a prescindere dal fatto che le voci – o gli ascoltatori – fossero maschi o femmine.

Non servivano però esperimenti di questo tipo per arrivare a una simile conclusione. Negli anni settanta, mentre si preparava diventare la leader del Partito conservatore, Margaret Thatcher prese lezioni di dizione. Se negli anni sessanta aveva una voce dal timbro decisamente femminile, quando divenne premier aveva una voce che trasmetteva autorevolezza e suscitava ammirazione.

Emozioni al femminile
Il problema non è solo il tono della voce, ma anche le sue variazioni. Un’ampia fascia di variazioni denota emotività. Gli uomini che cambiano spesso tono di voce raramente vengono criticati per questo. Mark Liberman, un linguista dell’Università della Pennsylvania, ha messo a confronto i discorsi di sette candidati repubblicani alle presidenziali statunitensi e ha individuato in Rand Paul il candidato dai toni più variegati. Ma nessuno l’ha definito “emotivo”. Per le donne, invece, le variazioni di tono contano parecchio. Angela Merkel varia di rado il tono della sua voce profonda, e la sua calma le ha fatto guadagnare il soprannome di Mutti, “mamma”, in questo caso un segno di ammirazione.

Hillary Clinton, una politica esperta ed eloquente, si esprime con calma ed efficacia in contesti piccoli. Nella sua campagna elettorale ha invece dimostrato di essere meno a suo agio nei comizi, dove ci si aspetta che un politico esprima tutta la sua rabbia ed esasperazione. Quando Clinton ha provato a comportarsi così è stata giudicata “stridula” e “prepotente”, mentre la sua risata era “gracchiante”. Questi termini non sono generalmente associati agli uomini.

Un’altra cosa a cui le donne devono fare molta attenzione sono gli argomenti. Gli intervistatori di rado chiedono agli uomini cosa significhi per loro essere uomini che fanno politica, o del loro ruolo di mariti o padri. Le leader politiche affrontano di continuo domande di questo tipo, che possono essere una trappola. L’ex ministra britannica Andrea Leadsom, che sperava di occupare il posto di May, è stata in parte rovinata da un’intervista rilasciata a un quotidiano in cui si era dilungata troppo sul fatto che avere dei figli era importante per il suo ruolo. Quest’osservazione è stata interpretata come un colpo a May, che non ha figli, e Leadsom è stata presto esclusa dalla corsa.

Il vero trionfo femminista arriverà quando le donne in politica saranno ricordate per le loro capacità di leadership piuttosto che per il loro sesso

Le donne devono anche fare attenzione a non reagire con troppa durezza alla cultura sessista che devono affrontare, pena il rischio di essere etichettate come femministe senza senso dell’umorismo. Se cercate su Google il nome di Julia Gillard, che è stata la prima ministra australiana dal 2010 al 2013, il motore di ricerca vi suggerirà subito “Julia Gillard discorso sulla misoginia”, una dura denuncia del sessismo pronunciata nel 2012. Il discorso ha entusiasmato i suoi ammiratori, ha irritato gli oppositori e ha reso il suo nome famoso in tutto il mondo. Ma il vero trionfo femminista arriverà quando le donne in politica saranno ricordate per le loro capacità di leadership piuttosto che per il loro sesso.

L’esempio di Nicola Sturgeon
C’è infine la questione del modo in cui le donne interagiscono con gli altri. Più una donna si comporta “da uomo” in un contesto di comando, maggiore sarà l’autorità che riuscirà a guadagnarsi. Ma allo stesso tempo, come hanno dimostrato varie ricerche, registreranno un calo nell’indice di gradimento sia da parte degli uomini sia delle donne.

È difficile essere al tempo stesso dura e gradevole, ma ci si può riuscire. Deborah Cameron e Sylvia Shaw, due ricercatrici britanniche, hanno analizzato i dibattiti per le elezioni legislative britanniche del 2015, constatando che Nicola Sturgeon, la leader dei nazionalisti scozzesi, era tra i sette candidati quella che interrompeva più spesso gli altri. Interrompere è la quintessenza delle tecniche maschili e una di quelle cose per cui le donne di solito vengono punite, ma la prestazione di Sturgeon ha generato grande entusiasmo. Secondo Deborah Cameron, Sturgeon riesce a muoversi tranquillamente tra schermaglie, discorsi da statista e calore umano.

Molti politici possono dirsi fortunati se riescono a essere bravi in uno solo di questi ambiti. Le donne devono, invece, essere particolarmente abili per evitare di cadere nella trappola degli stereotipi.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico The Economist.

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