In Germania le elezioni del dopoguerra sono state tradizionalmente sfide pacate tra uomini di mezza età (e più recentemente donne di mezza età) che proponevano politiche centriste tanto meritevoli quanto simili tra loro. Questo processo aveva raggiunto l’apice della ripetitività nell’ultimo appuntamento, nel 2017, quando i due partiti principali avevano aperto la campagna elettorale dopo aver trascorso quattro anni insieme in una “grande coalizione”, una collaborazione che aveva ulteriormente ridotto la possibilità di presentare visioni contrapposte a elettori poco entusiasti.

Quest’anno, per fortuna, le cose andranno diversamente.

Innanzitutto esiste la possibilità concreta che le elezioni, in programma il 26 settembre, si concludano con la nomina del primo capo di governo dei Verdi nella storia della Germania (e forse del mondo), nella persona di Annalena Baerbock, parlamentare di 40 anni senza esperienza ministeriale ma dotata di grande energia, buonsenso politico e un passato di successo come atleta trampolinista.

Con un’operazione senza scossoni, per quanto un po’ opaca, il 19 aprile il Partito verde l’ha scelta come candidata alla cancelleria, preferendola all’altro leader della formazione ecologista, il più esperto ma anche più accademico Robert Habeck. I Verdi hanno ritenuto che Baerbock abbia maggiori possibilità di vittoria alle elezioni di settembre.

Un solido secondo posto
Il processo di successione è stato più turbolento per i rivali dei Verdi, l’Unione cristiano-democratica (Cdu) e la sua costola bavarese, l’Unione cristiano-sociale (Csu). Il 20 aprile, dopo una lunga battaglia che ha fatto emergere forti divisioni tra i due partiti ma anche all’interno di ognuno di essi, Cdu e Csu hanno trovato un’intesa sul nome di Armin Laschet, leader della Cdu, anche se gli elettori gli preferiscono il capo della Csu. Baerbock non poteva sperare in un inizio migliore. I sondaggi prevedono un solido secondo posto per il suo partito dietro l’accoppiata Cdu/Csu.

Stavolta gli elettori tedeschi hanno davanti a sé una vera scelta. I Verdi hanno fatto molta strada dai tempi in cui erano un partito radicale anticrescita (Fundi, “fondamentalista”) e ormai hanno accumulato una buona esperienza di governo, tanto che attualmente fanno parte dell’esecutivo in undici dei 16 lander tedeschi. Tuttavia se conquistassero il potere al livello federale il loro programma rispetto alla politica climatica sarebbe sicuramente più ambizioso.

In ogni caso il futuro della Germania (e di conseguenza anche quello dell’Europa) si annuncia inevitabilmente più verde

Per esempio i Verdi vorrebbero tagliare le emissioni di gas serra del 70 per cento rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030, andando ben oltre l’obiettivo fissato del 55 per cento. Inoltre vorrebbero più che raddoppiare le tasse sulle emissioni, introdurre nuovi traguardi in merito all’uso delle energie rinnovabili e accelerare il processo di chiusura delle centrali a carbone in Germania.

Il programma dei Verdi presenta un’alternativa valida anche in altri ambiti. Il partito sarà più incline a favorire la spesa pubblica, sia al livello europeo (sotto forma di incremento dei finanziamenti dell’Unione per gli investimenti nei paesi più deboli) sia in Germania, dove le limitazioni imposte per contenere il deficit hanno indebolito le infrastrutture, soprattutto nel settore digitale. I Verdi appaiono divisi in politica estera, ma in ogni caso è probabile che assumano una posizione più intransigente rispetto a Russia e Cina, mostrandosi meno disposti a sacrificare il rispetto dei diritti umani sull’altare del commercio.

L’accoppiata Cdu/Csu, invece, propone la stessa ricetta degli ultimi anni, che tuttavia in Germania è ancora apprezzata da molti, soprattutto da chi teme che i Verdi siano ancora una forza ostile all’imprenditoria. I due partiti conservatori, va ricordato, hanno conquistato il maggior numero di seggi ininterrottamente dal 2005. Laschet è un politico prudente e attento al consenso, che ha dimostrato di essere piuttosto tenace, anche se privo del carisma del suo rivale della Csu, Markus Söder.

In ogni caso il futuro della Germania (e di conseguenza anche quello dell’Europa) si annuncia inevitabilmente più verde. Anche se Baerbock non dovesse diventare cancelliera, infatti, i numeri indicano che sarà impossible creare una coalizione senza i Verdi. L’ipotesi di partecipare a una nuova grande coalizione è stata sostanzialmente esclusa dai Socialdemocratici, che hanno visto la propria popolarità precipitare a causa dell’esperienza di governo nelle ultime due legislature. Il partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD, Alternativa per la Germania) resta un paria politico, mentre il Partito liberaldemocratico è una forza marginale. Baerbock, in sostanza, avrà ottime carte da giocarsi.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è stato pubblicato dal settimanale britannico The Economist.

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