Per gli appassionati di musica il 2020 non sarà certo ricordato come un anno memorabile. La pandemia di covid-19, oltre ad aver provocato gravi conseguenze per la salute delle persone in tutto il mondo, ha messo in difficoltà la stragrande maggioranza dei settori economici. Quello musicale, ovviamente, non fa eccezione.

La prossima estate sarà un’estate senza eventi di grande spessore. I pochissimi che si faranno dovranno seguire le regole sul distanziamento previste dai decreti del governo: posti ridotti, meno forza lavoro e soprattutto (almeno per il momento) divieto di vendere cibi e bevande, senza i quali secondo i lavoratori del settore è praticamente impossibile andare in pari con le spese. Qualche artista, nonostante tutto, ha deciso di provarci lo stesso: Max Gazzè andrà in tour, così come Diodato e Alex Britti. Il pugliese Locus festival ha annunciato un’edizione a scartamento ridotto, con pochi musicisti ben selezionati come i Calibro 35. Time in jazz, il festival fondato in Sardegna da Paolo Fresu, si terrà lo stesso. E poi c’è il progetto Live is life, grazie al quale si terranno diversi concerti in tutta Italia, da Bologna a Lecce.

E tutti gli altri? Da questo punto di vista gli organizzatori italiani sono stati obbligati a risolvere la questione nell’unico modo possibile: hanno rinviato tutto al 2021, quando, si spera, la pandemia sarà passata e le regole sul distanziamento sociale non ci saranno più. Artisti come Vasco Rossi, Billie Eilish, Tiziano Ferro, i Foo Fighters, Nick Cave, Thom Yorke e tanti altri hanno annunciato delle nuove date. Chi ha in mano un biglietto per questi spettacoli non dovrà far altro che aspettare un anno, perché i tagliandi resteranno validi. E per i concerti cancellati? La questione si fa più complicata.

Cosa dice la legge
L’Italia, come altri paesi, ha scelto la strada dei voucher. Nell’articolo 88 del decreto cosiddetto Cura Italia il governo, d’intesa con Assomusica – l’associazione di categoria degli organizzatori di concerti – ha stabilito che chi ha comprato un biglietto per un evento annullato potrà richiedere un voucher pari al prezzo del biglietto e ai diritti di prevendita, da spendere per un live organizzato nei 18 mesi successivi a quello a cui si doveva partecipare (all’inizio i mesi erano 12, sono aumentati con il decreto cosiddetto rilancio). La legge al momento prevede che i buoni siano validi esclusivamente per i concerti organizzati dal promoter dello show cancellato.

La soluzione è stata fin da subito contestata da una buona parte degli spettatori, che vorrebbero semplicemente indietro la cifra spesa. Il motivo per cui le aziende preferiscono non rimborsare in contanti però è semplice: hanno bisogno di liquidità per restare in piedi in questo periodo di inattività e reggere ancora per un anno o due, in attesa che il mercato riparta a pieno ritmo. Parte di questa liquidità, per esempio, potrebbe già essere stata usata per dare anticipi ai fornitori.

Il caso Paul McCartney
C’è un caso che però ha fatto discutere più di altri, e riguarda il tour di Paul McCartney. L’ex Beatles avrebbe dovuto suonare il 10 e il 13 giugno a Napoli (piazza del Plebiscito) e a Lucca (Lucca summer festival). Il costo dei biglietti per lo show variava tra i cento e i seicento euro. L’intera tournée europea del musicista non è stata rinviata al 2021 come altre, ma è stata cancellata. L’azienda che ha organizzato gli spettacoli, la D’Alessandro e Galli (attiva fin dagli anni ottanta ma che nel 2018 ha ceduto la maggioranza delle quote alla multinazionale tedesca Cts Eventim), ha annunciato che non ci sarebbero stati rimborsi in denaro, ma voucher. Questo ha scatenato le proteste di molte persone, che si sono rivolti alla associazioni per i consumatori. Il Codacons sta addirittura pensando di fare una class action europea contro l’uso dei voucher. La D’Alessandro e Galli si è difesa, ma le dichiarazioni degli organizzatori non hanno spento le polemiche, anzi.

Il 10 giugno è intervenuto addirittura Paul McCartney, che in un post sulla sua pagina Facebook ha scritto: “È veramente scandaloso che coloro che hanno pagato un biglietto per uno show non possano riavere i loro soldi. Senza i fan non ci sarebbe musica dal vivo. Siamo fortemente in disaccordo con ciò che il governo italiano e Assomusica hanno fatto”. McCartney ha invitato quindi le istituzioni a “fare la cosa giusta”.

A quel punto è arrivata la replica della D’Alessandro e Galli, che ha smentito l’ex Beatles. “I voucher sono una misura straordinaria di cui lo staff di Paul McCartney era perfettamente a conoscenza da prima della cancellazione”, ha dichiarato Mimmo D’Alessandro, che però in seguito ha aperto alla modifica delle norme sui biglietti. “I voucher validi due anni e rimborsabili alla scadenza, come succede in Germania, potrebbero essere una soluzione”, ha aggiunto. Sulla questione è intervenuta anche Assomusica, con un altro messaggio polemico nei confronti di McCartney.

Nella serata del 10 giugno infine è intervenuto anche il ministro dei beni culturali Dario Franceschini, che al Corriere della Sera ha dichiarato: “È evidente che la ratio della norma è che il voucher valga solo per un concerto dello stesso artista e che se questo non si terrà, lo spettatore avrà diritto al rimborso. Il parlamento credo potrà intervenire in conversione per togliere ogni dubbio interpretativo sulla norma”.

Le cose sono comunque destinate a cambiare nei prossimi giorni, visto che il decreto sui voucher è stato oggetto di vari emendamenti discussi il 10 giugno alla commissione bilancio della camera. Alcune associazioni, come La musica che gira, un coordinamento composto da lavoratori, artisti, imprenditori e professionisti della musica, hanno depositato delle proposte di emendamento per risolvere alcune questioni, come quella della vendita di cibi e bevande.

Un po’ di chiarezza
Claudio Trotta, fondatore di Slow Music e della Barley arts, il promoter di concerti di Bruce Springsteen e altri artisti, pensa che però ci sia molta confusione nel modo in cui la questione dei voucher è affrontata. “Quello che ha detto il ministro Franceschini sulla questione di Paul McCartney è sbagliato e sembra solo un modo populista di cavalcare la questione. Se il tour di McCartney fosse stato rimandato di un anno infatti non ci sarebbe stato bisogno di nessun voucher. Bisogna chiarire una cosa: i voucher sono previsti solo per i concerti annullati, non per quelli rinviati, a meno che i concerti non siano rinviati oltre i dodici mesi. E, se posso permettermi, devo dire che sulla questione McCartney ha fatto un po’ la verginella, allontanando da sé e in parte dai suoi promoter ogni responsabilità. Ma non riprogrammare i suoi concerti in Italia per il 2021 è una sua decisione, né del governo italiano, né di Assomusica e neanche dei suoi promoter”.

Trotta spiega che “il sistema dei voucher si usa in tutto il mondo e va corretto, non abolito: serve a sostenere gli imprenditori e promoter locali, che grazie alla liquidità garantita da questo strumento possono continuare a pagare perlomeno in parte le maestranze e le altre persone che lavorano per loro”. Ma aggiunge che “però dovrebbe essere usato per tutelare le fasce più deboli. Abbattere i voucher comunque aiuterebbe il consolidamento del controllo della intera filiera in poche mani, quelle delle dei grandi gruppi internazionali, che già controllano l’intero ciclo produttivo, distributivo e di vendita dei biglietti e che rischiano di abusare della loro posizione”.

La politica, sostiene il promoter, ha fatto diversi errori nella gestione della situazione. “Il problema parte da lontano. Quando è cominciata la pandemia il governo e le associazioni di categoria hanno fatto degli sbagli monumentali nella gestione della situazione, che ci porteremo dietro per tanto tempo”, sostiene Trotta. “Il mondo dello spettacolo è stato rappresentato solo come una realtà basata sui grandi eventi, come i concerti negli stadi e nelle grandi arene. E non è così: l’Italia è piena di piccoli locali e teatri. E tutti sono sembrati da subito rassegnati al fatto che la musica dal vivo si dovesse fermare. Invece si potrebbero fare tante cose, ovviamente rispettando il distanziamento e le cautele necessarie per la salute di tutti. Il ministro Franceschini ha fatto alcuni errori, parlando di dieci milioni di euro da stanziare a un portale per gli eventi in streaming, ‘il Netflix della cultura’, ma lo streaming non è la soluzione, solo un’opportunità che non deve sostituirsi all’esperienza secolare dello spettacolo”.

C’è chi rimborsa
Qualcuno, come il festival indipendente Ypsigrock, che da 23 anni si tiene ogni anno a Castelbuono, in Sicilia, va un po’ in controtendenza. L’Ypsigrock è quello che in gergo si definisce un “boutique festival”, un evento a “misura d’uomo”. Nel 2019 ha fatto registrare circa diecimila presenze. Quest’anno è stato costretto a rinviare tutto al 2021, ma ha comunque offerto agli spettatori la possibilità di chiedere un rimborso. Anche altri promoter italiani, come la Dna Concerti o la Radar Concerti, hanno offerto rimborsi agli spettatori.

“Noi abbiamo un rapporto molto stretto con il nostro pubblico, quasi ci riconosciamo guardandoci in faccia. Non eravamo obbligati, ma abbiamo comunque pensato che era giusto dare la possibilità di chiedere un rimborso”, spiega il direttore artistico Gianfranco Raimondo.

“Al momento, anche se abbiamo annunciato la notizia solo il 9 giugno, sono arrivate poche richieste per avere i soldi indietro”, dice Raimondo. “E non ce ne aspettiamo tantissime, anzi. Molte persone ci stanno già assicurando il loro sostegno per il 2021”.

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