Qualcosa di marrone e appiccicoso cola lungo il cono sulle mia dita. Dietro di me c’è una noiosissima statua. Sono in mezzo a noiosissime rovine. Sotto i sandali sento l’insopportabile calore della noiosissima strada di marmo bianco. Ho cinque anni e sono a Efeso. I miei genitori vogliono che mi faccia una cultura. A me non interessa. Non ho mai assaggiato un gelato come questo. Non solo sa davvero di cioccolato, ma dentro ce ne sono perfino dei pezzetti.
Oggi a colare dal cono è qualcosa di giallo e appiccicoso. Lo raccolgo con la lingua prima che mi cada sulle dita e improvvisamente mi torna in mente Efeso. Gesù allarga le braccia nella foschia. Il Pan di zucchero incombe. Copacabana si stende ai miei piedi. Siamo a Rio. Non ho mai assaggiato un gelato come questo. Non solo sa davvero di mais, ma dentro ha perfino dei chicchi. Sotto alla funivia gli avvoltoi si lanciano in volo formando archi silenziosi nel cielo.
Accanto ai piatti ci sono delle palette per comunicare se vogliamo mangiare ancora. Dal lato rosso, un maialino grasso si strofina la pancia con una mano alzata in segno di felice rinuncia: não obrigado! Dal lato verde invece ha in mano forchetta e coltello e sorride con gioia ingorda: sim por favor! I nostri amici brasiliani ci hanno portato da Porcão, un ristorante di carne alla brace. Porcão significa porcellino, anzi porcellone. Ci avviciniamo a un ricco buffet per riempirci i piatti di carciofi, cuori di palma e funghi. Solo quello di Eduardo rimane vuoto.
Lui sorride con l’aria paziente. Poi emergono dalla cucina dei camerieri, ognuno con in mano uno spiedo di carne alla piastra: salsicce, girello di manzo, coscia d’agnello. La paletta di Eduardo rimane sul rosso. Appare una picanha, il taglio più nobile. La punta estrema: il filetto. Eduardo volta il dischetto sul verde.
La sciabola del cameriere taglia lo strato esterno, quasi caramellato, per rivelare la carne di un rosso profondo e succulento. Ne assaggio una fetta: è buono. Marta ride del nostro filet mignon – tenero, sì, ma insipido.
La punta di una spada cade con un tonfo sul tavolo. Qualcosa che somiglia a una cinquantina di noci è infilzato sulla lama. Si tratta di cuori di pollo. Ne arrivano dieci sul mio piatto. Sono sodi, molto saporiti e più carnosi del pollo. Si dice che il manzo brasiliano è così puro e biologico che lo possono mangiare anche i vegetariani. Anche l’ultima paletta passa dal verde al rosso.
Internazionale, numero 636, 6 aprile 2006
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it