Per più di una settimana le previsioni del tempo hanno annunciato l’arrivo di una tempesta di neve il 7 gennaio. Negli ultimi due giorni tutti gli altri eventi sono stati quasi ignorati: le elezioni israeliane, gli scandali di corruzione e la richiesta di adesione della Palestina alla Corte penale internazionale.
Mercoledì mattina, invece della neve, il vento ha portato granelli di sabbia gialla. Quando sono uscita di casa ho notato che solo i negozi di alimentari, alcuni caffè e le edicole erano aperti. La polizia era ovunque e le strade erano praticamente deserte. Gli spazzaneve erano parcheggiati davanti alla sede del comune.
Così ho deciso di andare a trovare alcuni amici. Il figlio dodicenne mi ha accolta con un “ti voglio bene” che mi ha fatto sciogliere come la neve. Mi ha chiesto di restare con loro durante la tempesta. La neve ha cominciato a cadere proprio quando stavo per tornare a casa. Nel giro di dieci minuti le strade erano coperte da un manto bianco. Ho guidato attraverso una nube bianca, ma sono rimasta bloccata a cinque chilometri da casa, insieme ad altri che avevano disobbedito all’ordine della polizia di non uscire in macchina dopo le dieci di mattina.
Miracolosamente sono riuscita a tornare indietro, dai miei amici. I telegiornali raccontano di centinaia di persone rimaste intrappolate nella neve. Sono i lavoratori del settore privato che non hanno potuto prendersi un giorno di pausa, ma anche quelli come me che hanno sottovalutato l’allarme.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Questo articolo è stato pubblicato il 9 gennaio 2015 a pagina 25 di Internazionale, con il titolo “Bufera d’inverno”. Compra questo numero | Abbonati
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