Specie quando ciò che capita sembra sovrastarci, la cosa da fare è restare focalizzati. Cioè, attenti e concentrati su quanto è davvero importante.
La nostra capacità di prestare attenzione a quanto succede attorno a noi, e anche a quanto succede dentro di noi, è, infatti, limitata. Per questo è così preziosa.
Restare focalizzati significa esattamente usare la nostra attenzione concentrandola là dove serve, senza disperderla in attività irrilevanti. O in pensieri ricorrenti ( e inconcludenti) che spesso sono collegati con emozioni negative come ansia, paura o rabbia. E che si presentano nella nostra mente in maniera automatica.
Essere focalizzati vuol dire… be’, vuol dire esserci, pienamente, consapevolmente e tranquillamente, qui e ora.
Selezionare ed escludere
Sono convinta che restare focalizzati sia anche un modo per celebrare noi stessi come esseri senzienti e pensanti ma, se l’affermazione vi sembra troppo pomposa, vi prego di trascurarla, e di andare serenamente oltre.
Non è così intuitivo, però, il fatto che, per essere davvero focalizzati su ciò che è rilevante, di qualsiasi cosa si tratti, dobbiamo consapevolmente distogliere la nostra attenzione da tutti gli innumerevoli elementi che rilevanti non sono. Un identico ragionamento si applica alle cose da fare: per restare focalizzati su quello che stiamo facendo o che dovremmo fare, ci tocca cancellare dal nostro paesaggio mentale tutto il resto.
Il nostro cervello non riesce a occuparsi di più cose insieme
In altre parole: focalizzarsi su qualcosa vuol dire in primo luogo selezionare ed escludere. Escludere altri pensieri, altre attività, altri elementi di cui ci potremmo, magari, far carico in seguito. Ma non adesso.
Escludere è una decisione che può risultare non facile perché siamo curiosi e voraci di stimoli nuovi. Così, spesso, pur di non decidere, finiamo per affaccendarci (male) su più cose nello stesso momento, mescolando in un caos ingestibile ciò che è rilevante e ciò che non lo è.
In realtà, però, il nostro cervello non riesce a occuparsi di più cose insieme: salta dall’una all’altra, in infinitesime frazioni di secondo. Alla fine, ci stanchiamo il doppio e funzioniamo la metà.
La proporzione di Pareto
L’idea che sia opportuno e giusto focalizzarsi in primo luogo su quanto è rilevante trova sostegno nel principio di Pareto, conosciuto anche, specie nel mondo anglosassone, come la regola 80/20.
Si tratta di una considerazione di natura empirica, formulata agli inizi del secolo scorso dall’economista e sociologo italiano Wilfredo Pareto, e ripresa da molti altri autori.
Secondo la leggenda, un giorno Pareto nota che il 20 per cento delle piante di pisello del suo giardino genera l’80 per cento dei baccelli di pisello: si imbatte, così, in un fenomeno di distribuzione irregolare. In seguito, ritrova lo stesso fenomeno, e le stesse proporzioni, in ambiti molto diversi: la distribuzione della proprietà terriera in Italia. Oppure la produzione industriale.
In sostanza, la regola 80/20 dice che, nei sistemi complessi, approssimativamente il 20 per cento delle cause (o delle azioni) è responsabile dell’80 per cento degli effetti (o dei risultati).
Questa proporzione ricorre con sorprendente frequenza. In economia, per esempio, vale per la distribuzione mondiale del reddito (il 20 per cento circa della popolazione possiede l’80 per cento circa delle risorse), per la borsa (il 20 per cento delle aziende sviluppa l’80 per cento circa del valore). E perfino per il fundraising (il 20 per cento dei donatori produce l’80 per cento delle donazioni).
Ma non solo: in azienda, il 20 per cento dei venditori realizza l’80 per cento delle vendite. Il 20 per cento degli articoli a magazzino rappresenta l’80 per cento del valore. E il 20 per cento dei clienti produce l’80 per cento dei reclami.
E ancora: in rete, il 20 per cento delle pagine dei siti cattura l’80 per cento dei visitatori. E, in informatica, basta sistemare il 20 per cento dei difetti di programmazione per eliminare l’80 degli errori di sistema.
Proporzioni analoghe si ritrovano se consideriamo la pratica sportiva, il contrasto alla criminalità, la prevenzione degli incidenti. E anche (l’argomento è di stretta attualità) la diffusione delle epidemie, o la spesa sanitaria di una nazione.
Forse, in questo momento confuso, potremmo pensare alla regola 80/20 anche per stabilire le nostre priorità e focalizzarci su quelle.
Proviamo a selezionare, fra tutto ciò che ci frulla attorno e che sembra richiedere la nostra attenzione, quel 20 per cento che è rilevante e determinante: i compiti cruciali e le attività necessarie, le fonti d’informazione affidabili, i comportamenti che è indispensabile correggere, i rischi che vanno a ogni costo evitati, le cose che sono davvero da proteggere.
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