Anche voi credete all’imminente scomparsa di cose a cui eravamo abituati, come le aziende comunali e statali? Nel mio spettacolo Reset, con cui sto girando l’Italia, spiego per esempio che a Pordenone è proprio il Comune che ha deciso di dotare la città di un impianto che entro due anni darà gratuitamente la connessione internet a banda larga, senza fili, al 95 per cento della città.

La provincia di Firenze e altre istituzioni locali hanno progetti in parte simili. L’Estonia è un piccolo paese baltico ex comunista con un reddito pro capite che è metà di quello italiano. Oltre a essere la patria di Skype sta diventando il paese con il più alto numero al mondo di connessioni senza fili. Il suo obiettivo è che al più presto tutti i cittadini siano collegati a internet come oggi sono allacciati alla rete elettrica.

Nello spettacolo faccio anche vedere gli apparecchi WiMax, una tecnologia che permette di trasmettere dati a banda larga e senza fili. Secondo Siemens con 500 milioni di euro e 3.500 antenne si potrebbe coprire l’Italia con una rete WiMax.

Secondo me bisognerebbe fare come nel secolo scorso con l’acqua potabile: dare al più presto a ogni cittadino un accesso internet a banda larga, possibilmente gratuito. Fra qualche anno la rete sarà molto diversa dell’internet che usiamo ora: probabilmente comprenderà web, telefonia, musica, tv e banche dati.

Ma il presupposto fondamentale di questa trasformazione è la banda larga (alcuni megabit al secondo), che si può realizzare in diversi modi. Il primo è sfruttare i cavi di rame delle linee telefoniche esistenti, su cui la tecnologia Adsl permette di trasportare una grande quantità di dati al secondo. Un altro modo è istallare la fibra ottica, un cavo di materiale vetroso con cui nel 1956 fu realizzato il primo endoscopio per guardarci nello stomaco come dal buco della serratura. Oggi i cavi sottomarini in fibre ottiche che attraversano gli oceani possono trasportare molti più dati del cavo di rame e si usano in sempre più città. Milano e Siena sono già completamente cablate.

Poi ci sono le trasmissioni senza fili: quella wi-fi, che può coprire distanze di qualche centinaio di metri, e quella WiMax, che arriva a qualche decina di chilometri. Ci sono anche le combinazioni tra queste tecniche, per esempio una rete “dorsale” in fibre ottiche ad altissima capacità collegata ad antenne locali wi-fi o WiMax che raggiungono i singoli utenti.

Secondo alcuni il WiMax potrebbe portare alla fusione tra telefonia mobile, tv e internet. In Italia la sperimentazione è iniziata nel 2005 e a giugno del 2007 ci saranno le prime aste per attribuire le frequenze. Stiamo attenti che alle aste non siano le compagnie telefoniche ad accaparrarsi le frequenze in quasi monopolio! Un cittadino italiano, Andrea Rodriguez, ha lanciato una petizione online (

www.wimaxlibero.org) per chiedere che in Europa almeno un terzo delle frequenze WiMax siano lasciate a disposizione dei cittadini per usi senza fini di lucro. Ma chi è più adatto a scegliere le tecnologie migliori, i privati o gli organismi pubblici?

I disastri finanziari del Concorde e dei reattori autofertilizzanti, scelte governative sconsiderate che hanno bruciato centinaia di miliardi di euro dei contribuenti per tecnologie senza futuro, consigliano prudenza. Ma esempi come quello di Schönau (www.ews-schoenau.de), il paesello della foresta nera dove un’associazione di cittadini si è comprata la rete elettrica per metterci soprattutto energie rinnovabili, indicano che anche istituzioni pubbliche o di base possono fare meglio dei grandi gruppi privati.

E poi cosa vuol dire tecnologie “migliori”? Migliori per chi? Per il grande investitore privato, migliore vuol dire: con la più alta rendita di capitale nel più breve periodo. Per l’investitore pubblico – statale o di associazioni – migliore vuol dire: dare il massimo beneficio al massimo numero di cittadini con il minore costo e i minori danni all’ambiente e alle persone. Queste due logiche portano raramente alle stesse scelte tecnologiche.

L’11 marzo il 65 per cento dei cittadini di Zurigo ha votato sì in un referendum per conferire alla Ewz, l’azienda comunale che fornisce elettricità e acqua, l’incarico di cablare Zurigo con la fibra ottica. Lo stesso giorno le agenzie hanno diffuso una notizia insolita: l’azienda pubblica svizzera di telecomunicazioni Swisscom vuole comprare l’azienda privata italiana di telecomunicazioni Fastweb.

Swisscom è quotata in borsa, ma la Confederazione elvetica, cioè i cittadini svizzeri, ne detiene il 55 per cento e l’azienda è tenuta ad assicurare una funzione di servizio pubblico. Fastweb, specializzata in telefonia terrestre, connessioni internet a banda larga e tv via cavo e on demand, è un’azienda privata fondata nel 1999. In pochi anni è diventata la principale impresa italiana di telecomunicazioni in fibra ottica, creando una rete di 22mila chilometri.

L’amministratore di Swisscom parla di Fastweb come di un gioiello che ha almeno tre anni di vantaggio tecnologico sulla concorrenza. Dopo tante privatizzazioni, è interessante assistere a una nazionalizzazione. Anche se saranno gli svizzeri a nazionalizzare una parte delle telecomunicazioni degli italiani.

Questo testo è tratto dallo spettacolo Reset.

Internazionale, numero 687, 6 aprile 2007

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