Il principio che ispira dearphotograph.com è molto semplice. E ci fa comprendere quanto e come il digitale e internet effettivamente contribuiscano al nostro rapporto intimo con le immagini.

È un’idea elementare. Si riprende una foto ricordo: noi da piccoli, il primo bagnetto della sorellina, i genitori in vacanza su una spiaggia deserta, il piccolo adorato cucciolo in cima alle scale. Si torna sul luogo dove la foto è stata scattata, dieci o vent’anni fa e se ne fa una nuova facendo coincidere il più possibile lo spazio di oggi con l’immagine di ieri.

Oltre alle inevitabili variazioni di tono, queste foto ordinarie, alla portata di tutti, diventano dei documenti molto spesso commoventi. Materializzano in un colpo solo il passaggio del tempo e la natura molto particolare del rapporto tra tempo e fotografia: un istante qualsiasi del passato è perso per sempre, ma lascia delle tracce evidenti nell’eternità.

Quando la ragazzina che cercava di cucinare è diventata una donna che continua ad affannarsi davanti ai fornelli, quando scopriamo grazie alla didascalia che quel cagnolino è morto e che l’immagine è un modo per dirgli addio, quando ci accorgiamo che vent’anni dopo nonna Alexandra è sempre in posa davanti al muro di casa e che la casa è sempre dipinta di blu, ci possiamo abbandonare all’emozione.

E avere un esempio della filosofia dietro ai tempi complessi della fotografia.

Internazionale, numero 916, 23 settembre 2011

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