Più della metà degli italiani ritiene che il comportamento dei giornalisti sia poco o per niente etico. E il giudizio dei giornalisti su loro stessi è ancora più duro: oltre l’80 per cento di quelli lombardi e veneti considera poco o per niente etico il comportamento della categoria. Sono i risultati di un’indagine Astra presentata a Milano il 7 ottobre. Si salvano solo internet e la radio. Tutti gli altri, dai periodici alle tv, passando per i pubblicitari e le agenzie di pubbliche relazioni, non ottengono la sufficienza. Quali sono i comportamenti che caratterizzano un giornalismo etico? In cima alla lista ci sono “evitare di fornire informazioni false o inesatte” e “verificare la verità dei fatti citati”. “L’etica non è un fatto accessorio”, ha scritto Annamaria Testa commentando la ricerca, “è strettamente connessa con la qualità e la credibilità dell’offerta di informazione. E con il suo valore. Quindi con la sopravvivenza, anche in termini economici, dell’intero sistema nel medio termine”. Ma se ci può consolare, la crisi di credibilità della stampa non è un fatto solo italiano. In Gran Bretagna, dopo lo scandalo delle intercettazioni che ha travolto News of the World, non è un bel momento per chi fa il giornalista. Tanto che il Guardian, per rinsaldare il rapporto di fiducia con i lettori, ha preso una decisione storica, e per ora sperimentale: raccontare in diretta, sul web, di cosa si stanno occupando i suoi reporter. Naturalmente sono esclusi gli scoop o le inchieste più delicate, ma in ogni caso è un segnale importante. Il Guardian, da sempre all’avanguardia nell’esplorare i nuovi linguaggi del giornalismo, scommette sulla trasparenza dei meccanismi decisionali per coinvolgere i lettori. E lancia una sfida a tutti i quotidiani, non solo in Gran Bretagna.
Internazionale, numero 919, 14 ottobre 2011
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