Lo scrittore Douglas Coupland ha inventato una parola per dirlo: oggi siamo tutti smupid, cioè smart e stupidi al tempo stesso. In questi anni sono usciti molti libri sul modo in cui internet sta trasformando le nostre vite. Uno degli ultimi è di un giornalista canadese, Michael Harris, e s’intitola The end of absence, la fine dell’assenza.
Harris comincia citando la prima legge di Kranzberg, esposta dallo storico statunitense Melvin Kranzberg: “La tecnologia non è buona né cattiva, e non è nemmeno neutra”. Harris parte da qui per poi concentrarsi su un’intuizione: presto nessuno sarà più in grado di ricordare com’era la vita prima di internet.
“Se sei nato prima del 1985, sai com’è la vita con e senza internet. Viaggi tra un Prima e un Dopo (se sei più giovane, invece, non hai vissuto da adulto in un mondo prima di internet). Quelli di noi in questa generazione a cavallo, con un piede nel mare digitale e l’altro ancora a riva, vivono uno strano malessere nel tentativo di acclimatarsi. Siamo immigrati digitali e, come tutti gli immigrati, spesso non troviamo accogliente il nuovo mondo. La stessa espressione – ‘immigrato digitale’ – non è perfetta: di solito l’immigrato cerca una nuova cittadinanza o fugge dalle persecuzioni. Noi invece preferiamo tenere un pied-à-terre nel paese della nostra adolescenza. Ma, da un certo punto di vista, la nostra condizione è anche un incredibile regalo. Se siamo le ultime persone ad aver conosciuto la vita prima di internet, siamo anche gli unici ancora capaci di parlare entrambe le lingue. Siamo gli unici traduttori esperti di un Prima e di un Dopo. I nostri figli non saranno in grado di vedere la vita online per quello che è, proprio come noi non siamo in grado di capire i cambiamenti portati dall’invenzione della stampa di Gutenberg nel quindicesimo secolo. Alcune invenzioni sono più che semplici gadget. Si dissolvono nell’atmosfera delle nostre vite. E chi riesce ad accorgersi dell’aria?”.
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