Claudio Giunta, Il paese più stupido del mondo

Il Mulino, 176 pagine, 14,00 euro

Secondo gli psicologi, per immaginare come un bambino piccolo guarda il mondo dobbiamo ricordare la sensazione che si prova a visitare un paese sconosciuto. Non capiamo niente, notiamo le cose sbagliate, ma estraendo lentamente regole generali da quel poco che vediamo, ci facciamo un’idea, costruiamo una mappa.

A differenza dei bambini, però, viaggiando da adulti non costruiamo la mappa da zero, ma sulla base di libri, racconti e pregiudizi. Il risultato è che spesso riportiamo da un viaggio le stesse idee ricevute con cui eravamo partiti, anche perché raramente cerchiamo di capire se le nostre impressioni sono vere. Ci mancano la fiducia nelle nostre intuizioni, l’urgenza di imparare, il tempo.

Non così Claudio Giunta. Invitato a insegnare per due mesi in Giappone, abituato a studiare Dante e la cultura contemporanea, decide di fermarsi e cercare di interpretare quello che vede, di verificare quello che ha letto e gli hanno raccontato. Sa di non potersi improvvisare orientalista (non conosce nemmeno la lingua) e allora, come un bambino piccolo, sfrutta ciò che sa fare bene: nel suo caso leggere, scrivere, riflettere.

Comincia col demolire quello che trova nei diari di viaggio di occidentali illustri (Parise, Barthes), si osserva mentre osserva, e poco alla volta sposta il fuoco dal pae­se che guarda a quello che ha in mente mentre lo guarda, l’Italia.

Internazionale, numero 867, 8 ottobre 2010

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