Mariusz Szczygieł, Fatti il tuo paradiso

Nottetempo, 338 pagine, 17,50 euro

Nel 2009, durante la visita del papa, decine di cittadini cechi provarono per curiosità a fare la comunione. “Prima che le porga l’ostia deve dire amen”, istruiva il prete. “Non lo sapevo mica”. “Ma lei è battezzato?”. “Be’ no”. “Allora le devo chiedere di allontanarsi”. L’episodio raccontato da Szczygieł esprime bene alcune caratteristiche del popolo boemo: l’ateismo, la sincerità disarmante, l’understatement ironico misto alla voglia di conoscere le novità. Tutta questa disinvoltura piace molto all’autore che, venendo dalla Polonia nazionalista e cattolica, è abituato ad avere a che fare con persone che si prendono molto più sul serio.

Dal contrasto nasce un reportage gustoso, in cui il lettore fa la conoscenza di campioni dello spirito ceco che, pur non essendo Franz Kafka o Bohumil Hrabal, ne conservano lo spirito caustico e rivelatore: lo scultore David Černý, che volle mettere sulla facciata del teatro nazionale un colosso dorato che orinava vapore sulla folla a intervalli casuali; o il poeta Egon Bondy, che quando non riuscì più a destare attenzione con le sue invettive si mise a bruciare banconote. Szczygieł spiega come, in questo piccolo paese, si sia potuta sviluppare questa sorta di allergia alle verità assolute, come la religione o il comunismo, e il lettore chiude il libro felice di aver capito come funziona l’identità nazionale meno nazionalista d’Europa.

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