Anna Foa, Portico d’Ottavia n. 13

Laterza, 143 pagine, 15 euro

Gli anniversari non giovano alla storia. Concentrarsi su una data, magari per celebrarla, apre spesso il campo alle strumentalizzazioni, estrae un evento dal contesto in cui si manifestò, lo separa dal prima e dal dopo.

Per questo gli storici seri non danno peso agli anniversari, oppure cercano correttivi per evitare la trappola, come fa, in modo originale, Anna Foa. Nel ricordare la razzia del ghetto di Roma del 16 ottobre 1943, che ebbe nel fulminante reportage di Giacomo De Benedetti la sua testimonianza più autorevole, si concentra su una sola casa.

I confini delle sue mura le consentono di selezionare le vicende di un gruppo limitato di persone e di raccontare nel dettaglio cosa facevano prima e dopo il rastrellamento, riuscendo così a spiegare al lettore come si viveva intorno a piazza Giudia in quel momento. Poi, rendendo familiari i nomi di quegli abitanti, riesce a mostrare come gli arresti non finirono affatto con il 16 ottobre, ma continuarono alla spicciolata, grazie soprattutto alle delazioni di spie italiane fatte a poliziotti italiani.

Nei giorni in cui la morte di un vecchio carnefice nazista porta a ripensare a Roma durante l’occupazione tedesca, si fa più urgente l’esigenza di comprendere a fondo un periodo che negli ultimi anni, grazie al lavoro di molti studiosi, è stato illuminato di nuova luce. Questo libro è un buon modo per continuare a farlo.

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