Sandro Veronesi, XY
Fandango, 394 pagine, 19,50 euro
Non è in discussione l’abilità e l’ostinazione con le quali Veronesi ha affrontato una nuova fatica romanzesca, sfruttando molti modi e influenze e intrecciando voci e personaggi in un’investigazione ampia e possente, varia e tesissima. Il soggetto è stranoto: una serie di eventi inspiegabili, di manifestazioni del male in un piccolo paese di montagna, tra segni funesti e incomprensibili che non hanno spiegazione o sembrano non averne.
Si pensa subito, è ovvio, a Twin Peaks, a Stephen King o magari all’attacco di Un re senza distrazioni di Giono. Neve e sangue come in certi western, come nelle fiabe dei Grimm. E domande, non risposte. Ma con il confronto tra un prete e una dottoressa, tra fede e scienza.
Si legge con interesse, si ammira l’accavallarsi di voci così diverse tra loro, e il loro convergere su un perno che è l’inspiegabile, sul male che si manifesta tra di noi, come prodotto dalle nostre più intime e allo stesso tempo più vaste piaghe e furie, insoddisfazioni.
Ma siamo lontani tanto da Conan Doyle quanto da Ingmar Bergman, e la domanda da porsi, che ha una risposta, è: dove voleva arrivare Veronesi? Il sospetto è infatti di una grande costruzione a tavolino, fine a se stessa, di un meccanismo intrigante per conquistare il mercato, o meglio: di un’ispirazione molto seria e di una magistrale bravura costrette e indirizzate dagli obblighi del successo.
Internazionale, numero 873, 19 novembre 2010
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