Julie Otsuka, Venivano Tutte Per Mare
Bollati Boringhieri, 130 pagine, 12 euro
Subito dopo la prima guerra mondiale, migliaia di ragazze giapponesi arrivarono negli Stati Uniti reclamate dagli emigranti maschi che già vivevano lì. Julie Otsuka, californiana e in più modi erede di quelle donne, ne ha narrato la vicenda ricorrendo a un “noi” collettivo, più da poema che da romanzo, ma documentandosi su fonti storiche e sulle memorie nippoamericane. Sono storie dure, difficili, a volte più che in altre migrazioni perché si tratta di donne sottomesse ai maschi, di proletarie che si insediano in contesti nuovi, talvolta ostili.
Otsuka conclude questa alta e commossa ricostruzione in terza persona plurale nell’anno di Pearl Harbour, quando Roosevelt volle considerare i giapponesi presenti negli Stati Uniti come probabili spie. Deportazioni e lager furono il destino di questa minoranza. L’ultima voce del libro, ancora collettiva, è quella degli uomini delle zone “liberate” dalla minoranza giapponese: “Adesso parliamo poco di loro o non ne parliamo affatto, anche se continuiamo a ricevere notizie dall’altro versante delle montagne – intere città di giapponesi sono sorte nei deserti del Nevada e dello Utah, e in Idaho i giapponesi vengono impiegati per raccogliere le barbabietole, e probabilmente non li incontreremo mai più in questo mondo”.
Internazionale, numero 933, 27 gennaio 2012
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